Dovrebbe terminare il 15 ottobre lo stato di emergenza per la pandemia di Coronavirus, una data che però potrebbe slittare ancora come successo in passato, in base a quelle che saranno le decisioni che prenderà il governo Conte.

Ed è proprio per via dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Coronavirus in tutta Italia che l’esecutivo ha deciso di adottare le misure restrittive che avevano lo scopo di ridurre il rischio di contagio. Nel frattempo però il lockdown ha anche prodotto disastrosi effetti sull’economia, ed ecco che si è posta l’esigenza di concedere, a partire da marzo 2020, la cosiddetta pausa fiscale.

Pausa fiscale che però si appresta ormai a scadere, con tutto ciò che ne consegue per quei cittadini che si trovano ancora indietro coi pagamenti, i quali rischiano il pignoramento del proprio conto corrente.

La pausa fiscale concessa dal governo aveva bloccato tutti i possibili rischi di pignoramento, ma con la fine dello stato di emergenza, che ad oggi risulta fissata al 15 ottobre, anche la pausa fiscale terminerà e ripartono quindi le richieste di pagamento attraverso le cartelle esattoriali.

Con la legge n.104/2020 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 14 agosto 2020 e conosciuta con il nome di decreto Agosto, il governo ha approvato ed aggiornato le modifiche in materia di riscossione forzata che erano state già definite con i precedenti decreti.

Il nuovo decreto, che è andato quindi ad integrare le disposizioni contenute prima nel decreto Cura Italia e poi nel decreto Rilancio, stabilisce che l’attività dell’Agenzia delle Entrate che riguarda la riscossione dei trubuti riprenderà proprio a partire dal 16 ottobre 2020.

Chi rischia il pignoramento del conto corrente?

Le basi della sospensione del pignoramento del conto corrente sono state gettate con il decreto Cura Italia, poi legge n. 18/2020 del 17 marzo 2020, poi rifinito con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Rilancio, legge n. 34/2020 del 19 maggio. Si fissava così il termine finale in materia di pignoramenti del conto corrente per quei contribuenti che non risultavano in regola coi pagamenti, stabilito inizialmente alla data del 31 agosto 2020.

Poi con l’approvazione del decreto Agosto il termine è stato spostato. La sospensione dei versamenti di tutte le entrate tributarie e non, derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di debito e avvisi di accertamento veniva procrastinata fino al 15 ottobre 2020, data in cui scade la proroga dello stato di emergenza.

Cosa succede quindi dopo il 15 ottobre? L’Agenzia delle Entrate – Riscossione, provvederà a rimettere in moto la macchina, avviando nuovamente le tradizionali azioni cautelari ed esecutive come ad esempio i fermi amministrativi, le ipoteche ed i pignoramenti anche sui conti correnti.

La sospensione introdotta con i vari decreti legge emanati dal governo nei mesi scorsi riguarda anche gli obblighi derivanti dai pignoramenti presso terzi, tra i quali rientra il pignoramento del conto corrente.

Sono stati altresì sospesi i pagamenti relativi alle rate dei piani di dilazione che erano in scadenza tra l”8 marzo e il 15 ottobre, i quali nello specifico dovranno essere ora regolarizzati entro la data del 30 novembre.

Per quel che riguarda invece le rateizzazioni in essere all’8 marzo e per i nuovi piani concessi, la decadenza della dilazione si verifica nel caso di mancato pagamento di 10 rate, anche se non sono consecutive, invece delle 5 ordinarie previste.

La sospensione dei pagamenti riguarda anche le riscossioni relative ai pagamenti per gli avvisi di addebito e accertamento esecutivo, e anche in questo caso quindi si fa riferimento alla data del 16 ottobre per la riattivazione degli obblighi.

I decreti emanati dal governo tra marzo e agosto 2020 erano mirati al sostegno di famiglie e imprese in difficoltà a causa delle misure restrittive imposte dal governo nella fase di lockdown. Parliamo quindi dei decreti Cura Italia, Rilancio e per ultimo il decreto Agosto, che hanno sospeso gli obblighi relativi ai pagamenti fino al 15 ottobre.

Dopo il decreto agosto è stato anche prorogato il tempo concesso per il pagamento derivante dalle cartelle degli avvisi di addebito e degli avvisi di accertamento esecutivi in scadenza dall’8 marzo, per i cittadini italiani residenti all’estero presso i Comuni che sono stati inseriti nella cosiddetta ‘zona rossa’ con il DPCM del 1° marzo.

In questo caso la riscossione delle cartelle relative agli avvisi di addebito ed accertamento esecutivo che sarebbero scadute all’8 marzo restano sospese anch’esse fino al 15 ottobre. Dal 16 ottobre quindi vige l’obbligo di adempiere ai versamenti entro il mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione, vale a dire entro il 30 novembre.

Cosa succede con la fine della sospensione del 15 ottobre?

A partire dal 16 ottobre, stando a quanto stabilito dal decreto Agosto, dovranno ripartire le notifiche delle cartelle di pagamento e si innesca nuovamente la possibilità di promuovere azioni esecutive e cautelari dell’Agenzia delle Entrate.

In parole povere alla deadline fissata per il 15 ottobre, con lo scadere della pausa fiscale stabilita dagli organi preposti a sostegno di famiglie e imprese italiane nell’ambito della crisi post-lockdown, ricominceranno anche i pignoramenti per quei cittadini che non risulteranno in regola coi pagamenti all’Agenzia delle Entrate.

Ripartiranno quindi i pignoramenti sui conti corrente delle persone inadempienti, ed è quindi opportuno ricordare che il ruolo del pignoramento è quello di avviare la procedura di espropriazione forzata su istanza del creditore. Si provvede quindi a vincolare determinati beni del debitore per soddisfare il diritto di credito del creditore.

Con la procedura del pignoramento il debitore ha comunque la possibilità di disporre ancora dei beni pignorati, che però non potrà vedere o distruggere.

Quali importi possono essere pignorati sul conto corrente?

Bisogna prima di tutto chiarire che ci sono dei limiti agli importi che possono essere pignorati su un conto corrente, i quali variano in base a diverse condizioni e caratteristiche anche del debitore ai danni del quale si avvia la procedura del pignoramento.

Nello specifico bisogna ricordare che se su un conto corrente sono state depositate delle somme prima della ricezione della notifica relativa al pignoramento, la somma in questione potrà essere sequestrata ma senza superare la soglia che viene definita “impignorabile”.

La legge infatti stabilisce qual è la somma massima che può essere pignorata, che viene considerata in relazione all’assegno sociale. Quindi, visto che nel 2020 l’assegno sociale è di importo pari a 459,83 euro al mese, la soglia impignorabile è stata fissata per l’anno corrente a 1.379,83 euro al mese, pari a tre volte l’assegno sociale.

Nei casi in cui invece il pignoramento viene applicato direttamente sullo stipendio o sulla pensione del debitore, si applicherà il limite del 20% equivalente agli importi versati successivamente la data del pignoramento che possono essere trattenuti.

Cosa può essere pignorato dall’Agenzia delle Entrate?

Quando parliamo di pignoramento sul conto corrente dobbiamo anche considerare la possibilità che il conto del debitore sia cointestato, ad esempio al coniuge. In questo caso il pignoramento dovrà cadere soltanto sul coniuge coinvolto nel debito, il che implica che solo il 50% dell’importo disponibile sul conto corrente potrà essere pignorato.

La legge specifica inoltre che i soldi che restano sul conto corrente cointestato che è stato pignorato potranno essere comunque utilizzati da entrambi i coniugi intestatari.

L’Agenzia delle Entrate può effettuare, come visto, diversi tipi di pignoramenti. Possiamo anzitutto fare una distinzione tra il pignoramento immobiliare, quando ha per oggetto un bene immobile, ed il pignoramento mobiliare, che ha per oggetto cose mobili. Esiste poi il pignoramento presso terzi, che ha per oggetti crediti o beni del debitore che sono nella disponibilità di terzi.

Ci sono poi dei beni non pignorabili che sono anch’essi definiti dalla legge. Sono considerati tali tutti quei beni che sono considerati fondamentali per la vita e la dignità delle persone, inseriti in un elenco che troviamo nell’art. 514 del Codice di procedura civile.

Tra i beni che non possono essere pignorati troviamo elettrodomestici, armadi, stoviglie, abiti e biancheria, mentre può essere pignorato il mobilio che ha un valore artistico o di antiquariato.

Sono altresì non pignorabili l’anello nuziale, gli oggetti di culto e gli animali domestici o impiegati ai fini terapeutici o di assistenza, mentre gli animali che vengono allevati per fini produttivi, alimentari o commerciali, in quanto considerati fonte di reddito, sono invece pignorabili.

Restando nell’ambito del reddito del soggetto debitore, l’Agenzia delle Entrate può pignorare i redditi fino ad un massimo del 20% del loro importo. Non possono però essere pignorati i sussidi e le pensioni minime, che sono considerate indispensabili per salvaguardare la dignità e la sopravvivenza del cittadino.

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