Alcune modifiche al reddito di cittadinanza sono già state apportate nei mesi scorsi, ma si trattava di novità che non comportavano dei veri e propri cambiamenti, mentre quelle che dovrebbero arrivare nei prossimi mesi potrebbero effettivamente migliorare la misura cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle.
Tra le modifiche introdotte nei mesi scorsi ricordiamo ad esempio quella che comporta la decurtazione dell’assegno, che viene applicata per quei beneficiari che non spendono interamente l’importo mensile disponibile sulla carta Postepay del Reddito di Cittadinanza.
Quanto alle novità in programma invece, è stato lo stesso premier Giuseppe Conte ad anticipare le intenzioni del governo per modificare la misura anti povertà e di politica attiva fortemente voluta dai 5 Stelle ed introdotta dal primo governo Conte.
“Il progetto di inserimento nel mondo del lavoro collegato al reddito di cittadinanza ci vede ancora indietro” aveva osservato il premier parlando al Festival dell’Economia di Trento “ho già avuto due incontri con i ministri competenti: dobbiamo completare quest’altro polo e dobbiamo riorganizzare anche una sorta di network per offrire un processo di formazione e riqualificazione ai lavoratori” ha poi annunciato, anticipando che il lavoro verrà avviato “già nei primi mesi del 2021”.
Come trasformare il reddito di cittadinanza in trampolino di lancio per il mondo del lavoro
È questo il più grande difetto del Reddito di Cittadinanza, che era stato pensato non solo come misura di lotta alla povertà, ma anche come meccanismo in grado di agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro da parte dei disoccupati.
Questa seconda ma non meno fondamentale funzione del Reddito di Cittadinanza non ha mai funzionato in realtà, e pare sia giunto finalmente il momento di agire. Il premier Conte, stando a quanto riportato da IlSole24Ore, sta pensando ad un “network per offrire un processo di formazione e riqualificazione ai lavoratori”.
Sarebbe così che diverrebbe possibile colmare questa grande lacuna che il Reddito di Cittadinanza ha sempre avuto fin dal suo lancio nel marzo 2019. Si era spesso parlato infatti della cosiddetta Fase 2 del RdC, ma di fatto questa non è mai partita e le misure di reinserimento nel mondo del lavoro hanno continuato ad essere del tutto assenti.
Grazie al “network” di cui ha parlato il presidente del Consiglio sarebbe inoltre possibile svolgere un monitoraggio più efficace favorendo il dialogo tra i sistemi regionali e i centri per l’impiego attraverso un unico “cervello” nazionale. Dovrebbe essere quindi possibile incrociare i beneficiari del sussidio con le offerte di lavoro ed avere un rapido riscontro nei casi in cui le offerte congrue vengono rifiutate.
Attualmente la legge prevede infatti che il diritto al sussidio decade nel momento in cui il beneficiario rifiuta tre offerte di lavoro ritenute congrue, e pare che questo meccanismo non subirà alcuna modifica almeno “per ora” secondo quanto trapelato da fonti qualificate di Governo.
Ripartono centri per l’impiego e navigator
Di contratti ne sono stati firmati ben pochi a conti fatti, basta guardare i dati che sono stati resi noti nei giorni scorsi da Anpal, che fa sapere che in tutto solo tra i 700 e gli 800 mila percettori del reddito di cittadinanza sono stati attivati ed hanno sottoscritto un patto per il lavoro.
I percettori del beneficio però sono molti di più, stando ai dati dell’Inps, si parla di oltre 3 milioni di persone, per un totale di circa 1,3 milioni di nuclei familiari che percepiscono un assegno medio mensile di 520 euro. È stato inoltre rilevato rispetto a gennaio 2020 un aumento del numero dei beneficiari del 25%, il che non stupisce visto l’incremento del numero dei disoccupati dovuto alla crisi post-lockdown.
E sono proprio questi numeri a rappresentare un campanello d’allarme, perché il legame tra il reddito di cittadinanza e il mondo del lavoro non è mai stato costruito. Nella fase acuta dell’emergenza Coronavirus fino a fine luglio inoltre, le condizionalità legate al sussidio per i percettori sono state sospese, e gli stessi navigator che erano da poco stati attivati sul territorio, si sono fermati.
A partire dal 28 luglio però anche i navigator stanno facendo rientro nei centri per l’impiego, compatibilmente con l’andamento dei contagi, e in alternativa lavoreranno in smart working.
Il Pd spinge per migliorare il reddito di cittadinanza
Il percorso di inserimento nel mondo del lavoro però non sta procedendo come dovrebbe, ed evidentemente il meccanismo ancora non funziona a dovere, cosa che viene dimostrata da alcuni dati, riportati sempre da IlSole24Ore.
L’aggiornamento del 7 luglio 2020 effettuato dal sistema di monitoraggio del ministero del Lavoro indica che “gli individui beneficiari del reddito di cittadinanza indirizzati ai centri per l’impiego, che hanno un rapporto di lavoro attivato successivamente all’accoglimento della domanda di beneficio sono 196 mila, pari al 22% degli individui soggetti alla sottoscrizione del patto per il lavoro ed al 18,7% del totale degli individui inviati ai centri per l’impiego”.
Sui 196 mila beneficiari che hanno sottoscritto un contratto di lavoro, stando ancora ai dati aggiornati al 7 luglio, solo 100 mila sono risultati ancora attivi.
Una situazione che è sotto gli occhi di tutti, ed in particolare del mondo politico. È stata infatti la stessa maggioranza di governo a muoversi chiedendo di “migliorare” il reddito di cittadinanza.
Molte pressioni sono state esercitate proprio dal Partito Democratico, che ha chiesto al ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, di provvedere a creare al più presto il collegamento necessario tra il sussidio e il mondo del lavoro, ad esempio eliminando quelli che vengono considerati come “disincentivi” al lavoro e affiancando ai centri per l’impiego pubblici le agenzie del lavoro, che sono molto più efficaci.
Una volta imboccata la strada che porterà ad un miglioramento del reddito di cittadinanza, rendendolo finalmente anche uno strumento per entrare nel mondo del lavoro, anche gli altri strumenti di sostegno al reddito potrebbero essere resi un po’ meno “assistenziali” e un po’ più “attivi”.
Tra questi troviamo ad esempio gli ammortizzatori sociali, per i quali il governo sta valutando la riforma, che potrebbero assumere una nuova connotazione, e fungere anch’essi da strumenti in grado di favorire l’occupazione.
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