Il mercato delle criptovalute è cresciuto molto in pochi anni, e naturalmente questo ha richiamato sempre più attenzione sull’argomento. Sono molti gli occhi puntati su quelli che potranno essere nei prossimi mesi e nei prossimi anni, gli sviluppi di questa nuova tecnologia chiamata blockchain, sulla vita di tutti i giorni, ed in particolare come è ovvio che sia trattandosi di moneta, sui pagamenti.
Il tema dei pagamenti in fin dei conti è il vero nocciolo della questione: si puà pagare o non si può pagare con criptovalute? Per rispondere a questa domanda naturalmente dobbiamo limitarci a considerare quel che dice la legge italiana, visto che ogni Paese può porsi in maniera diversa rispetto alla questione pagamenti con criptovalute.
Pagamenti con criptovalute in Italia, cos’è la moneta virtuale?
Un mercato, quello delle criptovalute, che ancora non è esploso come alcuni esperti del settore si aspettavano che avrebbe fatto. L’idea di fondo è indubbiamente rivoluzionaria se si considera l’entità del cambiamento che rappresenterebbe nel mercato finanziario tradizionale.
La moneta, nel caso della criptovaluta, viene di fatto sottratta all’emissione e al controllo di una banca centrale, essendo invece legata ad una tecnologia di ultimissima generazione e dalle enormi potenzialità non solo nell’ambito delle monete virtuali, che si chiama blockchain.
La blockchain è una tecnologia che definire altamente innovativa è probabilmente riduttivo, e che ha la caratteristica di essere gestita ‘alla pari’, vale a dire da parte di una pluralità di utenti che prendono parte al medesimo meccanismo. La blockchain comunque non viene utilizzata solo per i pagamenti con criptovalute, ma anche in altri campi molto differenti dei quali però non ci occuperemo almeno per ora.
Premesso ciò come mai monete come il Bitcoin o l’Etherium, giusto per citare le più famose, vencono chiamate croptovalute? La ragione risiede nel fatto che la loro sicurezza, nell’ambito delle transazioni economiche è garantita da un meccanismo di protezione inattaccabile dall’esterno in quanto legato ad una sequenza di calcoli matematici estremamente complessi.
Gli informatici lo definiscono “un protocllo inviolabile” che peraltro è alla base del successo fin qui conquistato dalle criptovalute, che si trovano nel mercato finanziario dall’ormai lontano 2009.
Le criptovalute però non sono ancora divente un metodo di pagamento alla portata di tutti, né un metodo di pagamento accettato ovunque. Non hanno dunque “sfondato” nei mercati, ma nonostante questo la loro diffusione è tutt’altro che irrilevante.
Secondo un report della Banca Centrale Europea le criptovalute oggi in circolazione sarebbero circa 500, tra le quali spicca in Bitcoin, che al momento è quella col valore più alto e la più conosciuta.
Trattandosi di criptovalute, quindi dal momento che parliamo di moneta virtuale appunto, non è sottoposta a regole da parte di un’autorità centrale. Possiamo considerarla come una moneta ‘indipendente’ dalle logiche di mercato che valgono per la moneta tradizionale, quindi non è possibile individuarne un prezzo fisso legato al concetto di domanda e offerta.
Il prezzo della criptovaluta, in generale, potrà salire o scendere in maniera del tutto impossibile da prevedere.
Si può pagare con criptovalute in Italia?
Dal momento che l’arrivo delle criptovalute sul mercato rappresenta una novità del tutto inedita, non è stato facile, in Italia come negli altri Paesi, dare una qualificazione giuridica ai pagamenti con criptovalute.
Ogni Paese dell’Unione europea ha dato una sua personale interpretazione del fenomeno ed ha agito di conseguenza in fatto di normative. In Italia, anche grazie al contributo della Banca d’Italia, qualche anno fa si è giunti a dare una definizione delle criptovalute, descritte come “rappresentazioni digitali di valore, utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento, che possono essere trasferite, archiviate o negoziate elettronicamente”.
Sulla questione criptovalute in Italia si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate, che in merito al valore da attribuire ai Bitcoin e alle altre monete virtuali dichiarò: “il bitcoin è una tipologia di oneta virtuale, o meglio criptomoneta, utilizzata come moneta alternativa a quella tradizionale, la quale ultima è emessa da un’Autorità monetaria ed ha valore legale”.
In parole povere l’Agenzia delle Entrate ha definito la moneta virtuale come una moneta priva di valore legale. Questo comporta, sul piano del diritto civile, importanti conseguenze in un rapporto credito-debito.
L’articolo 1277 del Codice Civile, intitolato “Debito di somma di denaro” afferma: “i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale”, il che vuol dire che il creditore è autorizzato ad accettare solo pagamenti effettuati con moneta tradizionale, cioè emessa da un’autorità centrale riconosciuta dallo Stato ancorché privata, quindi di fatto non di proprietà della collettività ma di un ristretto gruppo di soggetti privati.
Al tempo stesso rimane apeta comunque un’altra strada, quella che permette alle due parti di concordare sulla legittimità dei pagamenti con criptovaluta. I contranti possono quindi stabilire in maniera autonoma che la criptovaluta, sia essa Bitcoin o Etherium, venga accettata come corrispettivo per il pagamento di una data prestazione o di un dato bene.
Questo infatti è consentito dalla legge italiana, come è possibile evincere dall’articolo 1279 del Codice Civile, dal titolo “Clausola di pagamento effettivo in monete non aventi corso legale”.
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