Il tema delle pensioni desta non poche preoccupazioni nei lavoratori italiani, in particolare in quelli che sono prossimi al traguardo, all’indomani dell’emergenza coronavirus, e nel pieno della più grave crisi economica che abbia colpito l’Italia dal secondo dopoguerra ad oggi.
Tra i timori, più o meno fondati, vi è quello di un possibile ritorno della legge Fornero. C’è da fare anzitutto una precisazione: la legge Fornero non è mai stata superata, infatti quella di Quota 100 può essere considerata una sorta di parentesi, destinata peraltro a chiudersi a gennaio 2022.
Sarebbe più corretto quindi domandarsi se non ci sia il rischio di tornare alla legge Fornero dopo lo scadere di Quota 100. Ma più in generale la preoccupazione che serpeggia, e che viene a torto o a ragione alimentata dall’opposizione, è che il governo abbia in mente di mettere in campo una riforma delle pensioni che allontani ulteriormente il traguardo.
Ne ha parlato in particolare il leader della Lega, che ha ipotizzato una sorta di legge Fornero bis nei piani dell’esecutivo giallo-rosso. Allo scadere del tempo residuo per andare in pensione con Quota 100 quindi si tornerebbe a dover rispettare dei requisiti fin troppo stringenti per poter accedere al trattamento pensionistico.
Non è d’aiuto poi il fatto che ci si trovi in piena campagna elettorale, con l’appuntamento con le regionali in sette regioni italiane, e con le amministrative per oltre mille Comuni, senza contare il referendum costituzionale sul taglio dei Parlamentari. In questo clima di acceso confronto politico è chiaro che un tema delicato come quello delle pensioni rischi di essere strumentalizzato e fare chiarezza diviene ancor più difficile.
Riforma delle pensioni e Recovery Fund, deciderà l’Europa?
Uno degli aspetti che sicuramente vale la pena prendere in considerazione nel tentativo di capire quale possa essere il destino della riforma delle pensioni in Italia, è quello del Recovery Fund.
Di certo nessuno avrà dimenticato la marcia trionfale del presidente del Consiglio all’indomani del raggiungimento dell’accordo per il Recovery Fund, che permetterà all’Italia di accedere a ingenti somme per il rilancio del Paese.
Somme che per buona parte sono date in prestito e che quindi dovranno essere restituite, ma non è tanto questo a preoccupare quanto il fatto che l’Italia dovrà, più di prima, attendere l’approvazione di Bruxelles per quel che riguarda il pacchetto di riforme da mettere in campo.
Si teme quindi, in estrema sintesi, che l’Europa possa, in virtù del prestito che sta elargendo all’Italia, chiedere una riforma del sistema pensionistico ‘lacrime e sangue’ come quella di triste memoria che fu varata dal governo Monti nel 2011.
Il rischio, più che tangibile, è che si allunghi l’età pensionabile, e che Quota 100 lasci il posto ad una legge tutt’altro che benevola con il lavoratore. I sindacati sono infatti al lavoro per raggiungere un accordo con il Governo che preveda una riforma più flessibile sulla falsariga di Quota 41, da estendere a tutti i lavoratori e non solo ai lavoratori precoci come attualmente previsto dalla misura.
Anche questo tasto è stato toccato da Matteo Salvini, che ha messo sul tavolo del dibattito il tanto osannato traguardo del Recovery Fund, ricordando che l’Italia sarà chiamata a rispettare dei paletti ben precisi, tra i quali potrebbe esserci appunto quello di una riduzione della spesa per le pensioni.
Attualmente infatti, secondo quanto reso noto dalla stessa INPS, l’esborso per le pensioni ammonterebbe al 14% del Prodotto Interno Lordo del Paese.
La spesa che lo Stato deve sostenere per le pensioni è alta quindi, e non possiamo trascurare il fatto che Bruxelles può effettivamente esercitare un certo controllo su determinate scelte in materia economica, un controllo ancor più forte all’indomani dell’utilizzo del Recovery Fund.
Inoltre non possiamo dimenticare che già prima dell’emergenza coronavirus e delle sue conseguenze economiche, l’Europa chiedeva a gran voce di contenere la spesa per le pensioni, specie in considerazione dell’aumento dell’età media della popolazione e del conseguente aumento della spesa che lo Stato si troverà a sostenere negli anni a venire.
L’Europa può imporre una sua riforma delle pensioni?
La domanda che dobbiamo porci in fin dei conti è: cosa ci può imporre l’Europa nell’ambito della riforma delle pensioni? Sarebbe bello poter credere che l’Italia, da Paese sovrano qual è almeno sulla carta, possa decidere in totale autonomia come gestire il delicato tema delle pensioni, ma così non è.
Al contempo però non possiamo neppure dire che sarà l’Europa a stabilire in che modo dovrà essere fatta la nostra riforma delle pensioni. Potrebbe però, come previsto dagli accordi, bocciare gli investimenti che verranno proposti per utilizzare i fondi del Recovery Fund, così come potrebbe bocciare eventuali investimenti finalizzati ad agevolare l’accesso alla pensione.
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