Una proposta, quella che arriva in questi giorni dall’Agenzia delle Entrate che non è piaciuta a buona parte dell’opinione pubblica, e che ha lasciato perplesso anche lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Ma di cosa si tratta esattamente? L’idea sarebbe quella di rinunciare a tutti quegli importi dovuti da parte di alcuni contribuenti, ma che di fatto sono da ritenersi non più esigibili. Lo scopo, secondo quanto afferma l’Agenzia delle Entrate, sarebbe quello di ridurre il carico di lavoro, e quindi le spese, che vengono sostenute per la riscossione di questi importi.
La stessa proposta è stata portata avanti anche da alcuni esponenti di partiti politici come l’UDC, per voce della deputata all’Ars Eleonora Lo Curto. Ma si tratta di fatto di una soluzione molto comune, già presa in esame in altre occasioni in passato, per affrontare il problema degli importi non più esigibili.
L’opinione pubblica tuttavia non ha gradito, ritenendo che una simile proposta non sia neppure meritevole di essere presa in esame per una sua eventuale applicazione pratica nell’attuale contesto.
Come funziona il condono proposto dall’Agenzia delle Entrate?
Come funzionerebbe quindi questo condono? L’Agenzia delle Entrate farebbe riferimento in questo caso alle disposizioni in materia contenute nella Legge Finanziaria del 2003, in cui si affronta il nodo della “definizione automatica delle imposte che consente di regolarizzare le imposte relative alle dichiarazioni presentate precedentemente”.
Se si adottasse il sistema proposto dall’agenzia, i pagamenti da parte di contribuenti debitori falliti o deceduti, e da parte di imprese cessate o nullatenenti, non sarebbero più da esigere, e quindi verrebbero cancellate cartelle esattoriali per un importo complessivo di 400 miliardi di euro in debiti tributari.
In questo modo si dovrebbe ottenere il risultato di ridurre i costi inutili che il fisco si trova a sostenere per tenere aperto questi fascicoli e per inviare i solleciti di pagamento.
Il presidente Conte ha espresso a preso però le distanze affermando che procedere con il condono, se da una parte permetterebbe ad una certa somma di capitali di tornare in Italia, dall’altra significherebbe “chiudere un occhio” su quei reati di evasione fiscale che hanno permesso a taluni contribuenti di accumulare ingenti somme nascoste al fisco.
Il governo Conte e la lotta all’evasione fiscale
Una prospettiva tutt’altro che in linea con la politica del secondo governo presieduto da Giuseppe Conte, che ha fatto della lotta all’evasione fiscale il proprio vessillo. Sempre nella prospettiva di un auspicabilmente più efficace contrasto al fenomeno dell’evasione infatti, l’attuale esecutivo ha provveduto a riabbassare il tetto dei pagamenti in contante, che dal 1° luglio è sceso a 2.000 euro.
Il tetto per i pagamenti in contanti era stato riportato a 3.000 euro dal governo Renzi, mentre l’attuale esecutivo si prefigge di scendere fino a 1.000 euro per il 2022. Sempre nello stesso ambito con il decreto Rilancio è stato introdotto un meccanismo premiale per incentivare l’utilizzo di metodi di pagamento tracciabili.
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