Si inizia ad entrare nel vivo del dibattito sulla riforma del sistema pensionistico italiano proprio in questi giorni, con il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico che sembra propenso ad aprire alla flessibilità, ma ad una condizione. Intanto è fissato per il giorno 27 gennaio l’incontro con le parti sociali, proprio per discutere della riforma delle pensioni, del superamento della Legge Fornero e del destino di Quota 100.

La riforma delle pensioni al vaglio del Governo Conte bis

La riforma delle pensioni è uno dei punti di prioritaria importanza per il Governo giallo-rosso, ed in questi giorni il dibattito è diventato piuttosto caldo. Secondo quanto riportato da La Stampa, i punti fermi della riforma, ora come ora, non sono molti ma quantomeno sono significativi.

Il primo punto è che il Governo è intenzionato ad inserire nella prossima manovra economica ben due obiettivi chiave, uno dei quali è proprio la riforma delle pensioni, sebbene probabilmente solo parziale. L’altro obiettivo invece riguarda la riforma Irpef.

Il secondo punto fermo riguarda la riduzione delle risorse attualmente impegnate per Quota 100, introducendo una flessibilità in uscita che permetta di risparmiare rispetto al costo dell’attuale sistema. È stato lo stesso sottosegretario Pier Paolo Beretta infatti a ricordare che Quota 100 non è sostenibile se si vogliono far quadrare i conti pubblici.

Quota 100 dovrebbe infatti esaurirsi nel 2021, dopodiché si torna alla Fornero così com’era, ed è qui che dovrebbe subentrare una nuova riforma delle pensioni, cioè quella a cui sta lavorando l’attuale esecutivo, e per la quale è previsto l’incontro coi sindacati nella giornata di lunedì 27 gennaio.

La ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ha infatti confermato che l’incontro con le parti sociali fissato per lunedì servirà ad avviare un percorso che porti ad una riforma su una flessibilità in uscita più stabile e duratura di quanto non sia Quota 100, che è stata pensata per un periodo di tempo limitato.

Ma qual è la soluzione a cui sta lavorando il Governo Conte? Anche se non sono arrivate ancora indicazioni ufficiali, sembra che il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico abbiano trovato un compromesso per lasciare in piedi Quota 100 fino alla fine del prossimo anno. Quindi fino al 2021, come anticipato, sarà ancora possibile andare in pensione anticipata a 62 anni di età con 38 anni di contributi, dopodiché subentrerà la nuova riforma.

La proposta dei sindacati per la pensione anticipata

Maurizio Landini, segretario nazionale della CGIL propone una uscita flessibile a 62 anni. Il pensionamento anticipato, con il tutto contributivo non funziona secondo Landini, che lo vede come un sistema troppo penalizzante.

È Repubblica però a lanciare un avvertimento: il pensionamento anticipato proposto dai sindacati sarebbe fin troppo costoso se non si introduce una penalità. Il costo per le casse pubbliche sarebbe di oltre 20 miliardi di euro.

Questa soluzione comporterebbe un’impennata della curva pensionistica di circa un punto, forse un punto e mezzo di PIL. Sicuramente di calcoli dovranno esserne fatti ancora molti, ma è proprio quello dei costi uno dei temi cardine da affrontare nell’incontro tra Governo e parti sociali di lunedì 27.

Il presidente dell’Inps, Tridico, apre alla flessibilità

Per il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che i conti dovrebbe conoscerli abbastanza bene, il pensionamento anticipato rispetto ai 67 anni di età previsti dalla legge Fornero è possibile, ma a patto che si proceda con un ricalcolo contributivo.

Tridico sostiene infatti che rispetto ai 67 anni di età la flessibilità debba essere garantita, specialmente se si ragiona in termini di logica contributiva. Si potrebbe quindi procedere fissando una linea di età come punto di partenza, al singolo lavoratore poi la possibilità di decidere quando andare in pensione, ma con ricalcolo contributivo, così come è previsto che funzioni per tutti a partire dal 2036.

La flessibilità per permettere il pensionamento anticipato quindi è una soluzione secondo il numero uno dell’Inps, ma deve esserci un ‘prezzo da pagare’, una contropartita insomma da parte del lavoratore che accetta una penalizzazione variabile relativa alla condizione contributiva.

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