Utilizzando l’agevolazione fiscale per la riqualificazione edilizia, generalmente conosciuta come Ecobonus, è possibile per il privato provvedere alla cessione del credito, ma in che modo? Prima di spiegarlo, due parole su cosa sia e come funzioni questo strumento, pensato per promuovere un rinnovamento energetico delle abitazioni.

Cos’è l’ecobonus e come funziona

Obiettivo primario dell’Ecobonus, a prescindere dal suo rapporto con la cessione del credito, è quello di riqualificare gli edifici esistenti, motivo per cui non è previsto per gli edifici nuovi in costruzione. Può essere usato, oltre che per casa propria, anche per lavori in uffici, condomini, negozi o capannoni.

L’Ecobonus, esteso anche alle seconde case, può essere richiesto non solo dai proprietari di abitazione ma anche da conviventi, coniugi o persone entro il terzo grado di parentela. Attualmente è in vigore, a seguito dell’approvazione del Decreto Crescita, fino al 31 dicembre ma un rinnovo della misura è praticamente certo.

Sulla base del tipo di lavori, più o meno spinti verso la riqualificazione energetica, il richiedente accederà a scaglioni di detrazione differenti.

Esempio: se viene installata una caldaia a condensazione di classe A, con sistemi di termoregolazione evoluti, si ha diritto ad una detrazione al 65%; se invece si mette in casa una semplice caldaia di classe A lo sconto sarà pari al 50%.

Altri esempi di lavori che rientrano nella riqualificazione energetica sono le pompe di calore primaria, i pannelli solari, i generatori ibridi e il generatore di aria calda, lo scalda acqua, le pompe di calore, i sistemi di termoregolazione evoluta, i sistemi building automation.

In linea generale lo sconto, per chi commissiona i lavori, è immediato soltanto per gli interventi di risparmio energetico a cui è associata la detrazione al 65% Iva compresa.

Per gli interventi di ristrutturazione edilizia si può arrivare al massimo ad una detrazione al al 50% Iva compresa.

La cessione del credito con l’Ecobonus: il prima e il dopo

Lo strumento dell’Ecobonus, introdotto nella finanziaria del 2007, ha visto negli anni evoluzioni applicative e di funzionamento. Una di queste, ad esempio, riguarda il funzionamento dell’Ecobonus, legato alla cessione dei crediti, che ha avuto più di una modifica.

Andando nel concreto, infatti, come funzionava l’Ecobonus nel 2018 ante Decreto Crescita? Un proprietario di casa che voleva cambiare gli infissi, spendendo ad esempio 50.000 euro in totale, poteva recuperare quei soldi in dieci anni scalandoli dal conto delle sue tasse. A seconda della detrazione a cui poteva accedere recuperava, di conseguenza, anno per anno una cifra diversa. Esempio: se c’è stata una spesa di 50.000 euro, con una detrazione del 50%, il recupero era pari a 2500 all’anno per 10 anni. Se pagando 50.000 euro aveva una detrazione al 65% la cifra riacquistata di anno in anno, per 10 anni, era pari a 3250 euro.

Ecobonus che però, dopo l’approvazione del Decreto Crescita, ha subito importanti modifiche.

Con le norme introdotte dal Decreto Crescita, approvato dal parlamento nel giugno 2019, la principale novità era legata alla cessione del credito. Infatti lo Stato permetteva, a chi commissionava i lavori, di avere uno sconto immediato in fattura pari all’ammontare della detrazione fiscale.

Ma per rendere tutto questo possibile il cliente doveva accordarsi con l’azienda esecutrice dei lavori che, a sua volta, poteva decidere o meno di accettare il credito dal cliente (corrispondente all’ammontare dell’ecobonus).

Il passaggio seguente? Il cliente finale doveva comunicare, entro il 28 febbraio dell’anno successivo ai lavori, di aver usufruito dell’ecobonus e l’impresa, per recuperare il credito ricevuto, aveva dieci anni di tempo.

Alla lunga però questo meccanismo, per le PMI, stava diventando un problema perché le piccole aziende avevano in pancia troppi crediti da riscuotere. Risultato? Le PMI, oltre a spalmare il credito su 10 anni, potevano effettuare una cessione del credito ad un soggetto terzo (banche e istituti finanziari esclusi). Qui entravano in gioco le società di riscossione dei crediti, che aiutavano le imprese ad avere maggiore liquidità.

Ecco perché l’Ecobonus è destinato, come si evince dalla discussione in corso sulla manovra di bilancio 2020, a tornare al punto di partenza.

È stato accolto infatti un emendamento al ddl bilancio che elimina la possibilità, per il cliente finale, di cedere il proprio credito ai fornitori avendo uno sconto immediato in fattura. Stop che però non sarà operativo subito, ma soltanto con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di bilancio 2020. Andando così incontro alle richieste delle PMI.

Al contempo nel Decreto Fiscale, ancora in discussione, si punta a definire il nuovo meccanismo dell’Ecobonus. Una soluzione allo studio potrebbe essere che il proprietario di casa che punta ad usare l’Ecobonus potrebbe ricevere il credito, su un conto corrente da lui indicato, tramite un’erogazione diretta. Il credito verrebbe in sintesi ripartito, con bonifici di pari importo, in dieci quote annuali e sarà pari all’ammontare dell’Ecobonus.

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