Ancora pochi mesi e poi anche in Italia arriverà la web tax. Il governo, per bocca del ministro dell’economia Roberto Gualtieri, ha confermato che la Web Tax sarà parte integrante della prossima manovra economica. La nuova tassa, quindi, andrà a colpire le imprese digitali che operano in ambito web.

Il responsabile del MEF ha anche precisato che la web tax, pur appoggiata dall’esecutivo 5 Stelle Partito Democratico, non è stata concepita da questo governo. L’iter che ha porterà all’introduzione della web tax anche in Italia ha infatti avuto inizio molti anni fa. Addirittura le parole “web tax” comparivano già nella legge di bilancio 2019 e, ancora prima, nella manovra economica 2017. Considerando il colore degli esecutivi in carica quegli anni, si può affermare che il mondo politico italiano è sempre stato trasversale rispetto all’introduzione di una web tax che colpisse i profitti dei colossi del web. Fatta questa premessa, in cosa consiste la web tax? Nei prossimi paragrafi chiariremo cosa è e come funziona la web tax mettendo in evidenza anche quelle che sono le criticità del provvedimento.

Web Tax cosa è e come funziona

La web tax è un’imposta del 3 per cento sui ricavi delle grandi imprese del web. La tassazione verrebbe applicata a tutte quelle imprese che hanno ricavi superiori ai 750 milioni di euro in tutto il mondo, di cui almeno 200 milioni in Italia. La web tax italiana dovrebbe essere molto simile a quella già in vigore in Francia e in Spagna. Il governo di attende un gettito consistente dalla web tax. Nello specifico, stando alle proiezioni, la nuova imposta sui ricavi dei colossi del web, dovrebbe determinare un gettito di 150 milioni di euro nel 2019, di 600 milioni di euro per il 2020 e ancora di altri 600 milioni di euro per il 2021. 

Web Tax pro e contro

Se la tassazione dei ricavi dei colossi del web è certamente positiva, non bisogna però dimenticare che ci sono anche molti contro. Non ci vuole la sfera di cristallo per capire che se il provvedimento sulla web tax in Italia è stato concepito nel 2017 ed è rimasto lettera morta per oltre due anni è stato proprio perchè non vi erano ancora le condizioni per l’attuazione della nuova imposta. Il problema maggiore è stato a lungo rappresentato dall’assenza di omogeneità tra le varie tassazioni nazionali. Oggi questo scoglio sembra essere superato anche se è tutto in divenire. Senza andare troppo a ritroso nel passato, la stessa Ocse ha affermato, la scorsa settimana, che è necessario arrivare ad una web tax globale in modo tale che i colossi del web non abbiano la possibilità di spostarsi da un paese all’altro per cercare condizioni fiscali favorevoli. 

Secondo l’Ocse è necessario che i grandi gruppi multinazionali che operano sul web “paghino le tasse dovunque abbiano significativi legami diretti con i consumatori e generino i loro profitti“. Quello dell’Ocse è un obiettivo ambizioso che non sarà semplice da raggiungere. Ovviamente molto dipenderà anche da quella che sarà la posizione dei colossi di internet visto che ad essere tassati saranno proprio loro. 

Web Tax: la risposta di Amazon

A seguito della presa di posizione dell’Ocse, Amazon ha fatto sapere che le nuove proposte “rappresentano un importante passo avanti” rispetto al passato. Il gruppo di Bezos si è detto determinato a “raggiungere una soluzione basata sul consenso“. Amazon ha affermato che una web tax universale sarebbe utile anche per evitare il rischio di subire una doppia tassazione e misure unilaterali distorsive. Un provvedimento in in linea con la proposta dell’Ocse, ha concluso Amazon, sarebbe invece utile per creare un ambiente che favorisca la crescita del commercio globale. 

Ad ogni modo appuntamento al 2020 per la wab tax Italia. 

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