Il mercato dei prestiti fintech, ovvero dei finanziamenti richiesti ed erogati su piattaforme digitali, continua a crescere e non sembra essersi scoraggiato (anzi) dall’arrivo della pandemia da nuovo coronavirus.

Ad affermarlo è uno studio condotto da AksjeBloggen, secondo cui le transazioni che sono avvenute nel settore, alla fine del 2020 toccheranno quota 291,4 miliardi di dollari, in aumento del 9,1% su base annua, e in grado di puntare dritti verso i 396,8 miliardi di dollari entro il 2024.

Dunque, il coronavirus ha solo rallentato la crescita del comparto, ma non è certamente stato un elemento di arresto nella progressione sostenibile del business dei finanziamenti fintech. Un ritmo di crescita che sembra oggi essere sempre più imponente, trascinato da uno sviluppo che negli ultimi tre anni si è caratterizzato per un notevole + 60%, e che – tuttavia – non può che essere confrontato con gli auspici che gli analisti ebbero modo di valutare prima dell’arrivo di Covid-19.

Le attese per il 2020, infatti, erano per una crescita del business fintech a quota 312,6 miliardi di euro, contro i 291,4 miliardi di euro frutto delle odierne ricerche. Pertanto, anche se è pur vero che i finanziamenti fintech non hanno certamente subito una battuta d’arresto, è anche vero che c’è stata una perdita del 7% rispetto ai dati previsti ante-pandemia.

Per quanto infine riguarda le determinanti che traghetteranno questa nuova crescita del business fintech nei prossimi mesi, non sembrano esservi dubbi sul fatto che famiglie e imprese si avvicineranno con maggiore impulso a questo comparto per la sensazione di maggiore sicurezza e convenienza economica ottenuta dalle piattaforme di digital lending. Gli algoritmi su cui si basano sono inoltre in grado di permettere una delibera di concessione del prestito in pochi minuti, contro le ore o i giorni delle banche tradizionali, e spesso a tassi di interesse molto più bassi.

Stando al dossier, nel 2024 il numero dei finanziamenti fintech sarà pari a 91,1 milioni di unità, con la Cina in grado di assorbire la quota prevalente del business, davanti a Stati Uniti, Regno Unito e Svizzera. Un po’ attardata l’Italia, anche se pure nel nostro Paese l’interesse per il comparto cresce con significatività.

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