Vi siete mai domandati quante tasse paghiamo sugli strumenti finanziari? E se la tassazione sulle azioni e sui titoli di Stato sia o meno identica? E quanta parte dei nostri guadagni viene destinata al fisco?
Cerchiamo di compiere un breve riassunto su questa tematica, riassumendo tutto quello che c’è da sapere sulla tassazione delle rendite finanziarie. In particolare in questo post di approfondimento ci occuperamo delle tasse sui titoli azionari (azioni), della tassazione sui titoli di stato, delle tassazione sugli interessi sui conto correnti, libretti e depositi, delle tasse sui fondi e ETF e, per finire, della tassazione sui derivati. In pratica esamineremo, ovviamente per sommi capi, tutta la normativa vigente oggi riguardante la tassazione sulle rendite finanziarie.
Tassazione rendite finanziarie, cosa dice la legge
Iniziamo con il ricordare come le regole sulla tassazione delle rendite relative agli investimenti finanziari sia oggi disciplinata con il d.l. 66/2014, che dal 1 luglio 2014 ha cambiato il modo con cui vengono tassati i nostri strumenti finanziari in peggio: la ritenuta precedente, del 20%, è infatti stata alzata al 26%. L’incremento dalla tassa sulle rendite finanziarie è stato un effetto diretto della crisi economica che ha colpito l’Italia. Gli strumenti finanziari sono rimasti vittime, loro malgrado della necessità di riuscire a trovare nuove risorse.
Il d.l. 66/2014 è alla base di tutta la normativa sulla tassazione sulle rendite finanziarie. Attenzione, però, a non fare generalizzazioni perchè ogi strumento di rendita finanziaria è sottoposto ad una tassazione diversa. Non per tutte le asset class si è infatti proceduto in identico modo.
Rendite finanziarie: su cosa paghiamo le tasse
Il punto di partenza per capire come funziona la tassazione sulle rendite finanziarie è l’inquadramento di quella parte di liquidità che è effettivo oggetto di tassazione.
I proventi che vengono tassati appartengono a due categorie principali:
- la quota relativa al guadagno, come ad esempio gli interessi dei titoli di Stato o i dividendi per le azioni;
- la plusvalenza, ovvero la differenza tra il prezzo di emissione / acquisto, e il prezzo di rimborso / vendita.
In questo secondo caso, è anche bene rammentare che nel caso di verificasse una minusvalenza (ovvero, si vende uno strumento finanziario a un prezzo inferiore rispetto al prezzo di acquisto), allora in questo caso il capital loss potrebbe essere portato in compensazione con le plusvalenze, al fine di ridurre o abbattere la pressione fiscale dei propri strumenti finanziari.
Per il resto, sia gli interessi / dividendi che le plusvalenze sono tassate nello stesso modo.
Nei prossimi paragrafi cerchiamo di comprendere come siano tassati i principali strumenti finanziari partendo dalle azioni.
Tasse sulle azioni
In questo paragrafo della guida sulla tassazione sugli strumenti finanziari ci occuperemo delle tasse sulle azioni. Avete in mano azioni Unicredit, Intesa Sanpaolo o Fiat Chrysler (giusto per fare degli esempio guardando al Ftse Mib di Borsa Italiana)? Ovviamente sarete tenuti al pagamento di determinate tasse.
La plusvalenza sulle azioni (come abbiamo già chiarito, la differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita) è relativa a unimposta del 26%: la stessa aliquota viene applicata anche ai dividendi staccati dal titolo.
Si tenga conto che se lazione della stessa società viene acquistata in più tranche (ad esempio, perseguendo una strategia di mediazione del prezzo di acquisto), la plusvalenza sarà conteggiata sulla media ponderata dei prezzi pagati per ogni operazione.
La tassazione sulle azioni è stata profondamente mutata dalla citata legge del 2014. Prima di quell’anno, infatti, le tasse sulle azioni erano pari al 20%.
Tasse sui titoli di Stato
Diversa, e agevolata, è invece la tassazione sui titoli di Stato. In questo caso i proventi che sono determinati da BTP, BOT, CCT e CTZ sono tassati al 12,5%. Tale aliquota viene applicata sia agli interessi (le cedole, ove previste dallo strumento finanziario) sia alla differenza tra lacquisto e la vendita (come nel caso dei zero coupon bond, che non hanno cedole di interessi, come i BTP o i CTZ).
Peraltro, ricordiamo come la normativa del 2014 non abbia intaccato tale aliquota, che era del 12,5% anche prima del d.l. 66/2014.
Attenzione perchè la normativa sulla tassazione sui titoli di stato ossia su BTP, BTP indicizzati all’inflazione, BOT, CCT e CTZ vieen applicata anche sui titoli di stato emessi da enti locali. La stessa normativa viene anche applicata ai bond esteri e territoriali inseriti nella white list e alle obbligazioni emesse dagli organismi internazionali come ad esempio la Banca Mondiale. Tutto quello che riguarda bond pubblici, quindi, viene tassato allo stesso modo dello stato.
Tassazione su conti correnti, conti deposito e libretti
Per quanto attiene infine le tasse sulle quote di interessi maturate sui conti correnti, oggi laliquota sul rendimento maturato è del 26%, contro il 20% del periodo precedente a fine giugno 2014. La stessa tassazione è a valere sugli interessi dei libretti bancari, sui depositi bancari e sui certificati di deposito. Come si sarà notato questo paragrafo si intitola “tassazione su conti correnti, conti deposito e libretti” ma in realtà le tasse vengono applicate ovviamente solo sugli interessi. Il capitale è ovviamente immune. Attenzione perchè nell’ultimo decennio è cambiata la natura stessa dei conti deposito e dei libretti. Essi, infatti, sono diventati da strumenti di investimento a strumenti per pacheggiare soldi. Questa evoluzione è stata inevitabile alla luce del netto taglio delle interessi corrisposti su questo tipo di strumento finanziario.
Tasse sui fondi e ETF
Laliquota di tassazione è cambiata anche per quanto concerne i fondi comuni di investimento di diritto italiano, e i fondi comuni esteri armonizzati, lussemburghesi e ETF: su tutti questi strumenti si pagherà infatti il 26%, contro il precedente 20% a valere fino al giugno 2014.
Una puntualizzazione: laddove allinterno di questi strumenti sono presenti anche titoli di stato, questa componente concorre per il 48,08. Per approndire il discorso sui fondi comuni di investimento si suggerisce la lettura di questo articolo.
Tassazione derivati e CFD
Anche la tassazioni sugli strumenti derivati è stata profondamente cambiata dalla riforma del 2014. L’idea di lasciare gli strumenti di investimento tradizionale per i prodotti derivati cercando di pagare meno tasse, è da scartare a priori. La tassazione è infatti la medesima ed è uguale al 26%. Quando si parla di tasse sugli strumenti derivati il riferimento è alle tasse su opzioni, future, swap, certificati e anche Contratti per Differenza CFD. Se anche fai trading di CFD da casa, quindi, sarai tenuto al pagamento della tassa sulle rendite finanziarie. Non sono quindi le tasse la ragione per cui fare CFD Trading oggi conviene.
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Come paghiamo le tasse sugli strumenti finanziari
Ma in che modo si pagano le tasse sugli strumenti finanziari? Tutto dipende dalla scelta del risparmiatore, che potrà individuare di essere sottoposto a un regime dichiarativo, o amministrato.
Nel primo caso (dichiarativo) sarà linvestitore a riportare nella propria dichiarazione dei redditi le plusvalenze e i proventi finanziari che ha registrato lanno precedente. È importante, in questo caso, conservare la documentazione relativa alle transazioni per almeno 5 anni.
Nel secondo caso (amministrato), in realtà è compito della banca o dellintermediario finanziario curare la tassazione: listituto applicherà in automatico a tutte le attività finanziarie presenti nel proprio deposito titoli limposta corretta, versando così le somme al fisco. Linvestitore non dovrà dunque fare nulla.
Capire quale conviene tra regime dichiarativo e regime amministrato non è affatto semplice. E’ quindi sempre consigliabile affidarsi ad un commercialista che sia esperto di tassazione sulle rendite finanziarie.
Minusvalenze e plusvalenze
Come abbiamo già anticipato, è ben possibile (purtroppo!) che linvestitore vada incontro a minusvalenze, ovvero a perdite derivanti dallattività di investimento, che possono essere portate in compensazione con le eventuali successive plusvalenze.
Ebbene, anche in questo caso molto dipende dalla scelta dellinvestitore. Se linvestitore ha optato per il regime amministrato, farà tutto la banca. In caso contrario, sarà linvestitore a doversi muovere attivamente per poter compensare le minusvalenze con le plusvalenze.
In tal senso, ricordiamo che secondo la normativa vigente le minusvalenze possono essere impiegate per abbattere il carico fiscale sugli strumenti finanziari sia nellanno in cui si realizzano le plusvalenze, che nei successivi 4 anni. Dunque, le minusvalenze generate nel 2018 possono essere portate in compensazione con le plusvalenze fino al 2022 (cioè, 2018 + 4 anni). Anche per quello che riguarda la minusvalenze è sempre bene fars seguire da un commercialista esperto in tassazione sugli strumenti finanziari.
Tassazione rendite finanziarie: quali strumenti hanno le tasse più basse
A questo punto del post abbiamo tutti gli elementi per stilare una sorta di classifica sui livelli di tassazione applicata ai vari strumenti finanziari. Come si sarà certamente fatto caso, fermo restando le novità introdotte nel 2014, esistono ancora strumenti che sono sottoposti ad una tassazione più contenuta. Ovviamente mai e poi mai scegliere di investire in azioni anzicchè in bond (giusto per fare un esempio) deve scaturire dal livello di tassazione applicata. Per dirla in breve non esiste che si investe in titoli di stato perchè la loro tassazione è inferiore rispetto a quella applicata ai conti corrente.
In assoluto la tassazione più bassa è quella applicata a Titoli di stato italiani (BTP, BOT, CCT, CTZ), obbligazioni emessi da enti pubblici, bond di stati esteri, bond emessi da organismi internazionali. In tutti questi casi l’aliquota applicata è al 12,5%.
Nel caso di azioni, conti correnti, libretti bancari, depositi bancari, certificati di deposito, derivati, fondi e ETF la tassazione applicata è invece pari al 26%.
Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento.
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