Molto spesso, anche sulla stampa generalista, si sente parlare di inflazione. Cosa si intende con questo termine? Quale è la definizione di inflazione? Come funziona? C’è un metodo semplice per il calcolo di questo parametro così importante per qualificare l’andamento di una economia? A tuttr queste domande proveremo a dare una risposta.

Cos’è l’inflazione

Partiamo dalle definzioni e quindi dalla classica domanda su cosa è l’inflazione. Con questo termine si intende,comunemente, un aumento del livello generale dei prezzi, con conseguente diminuzione – a parità di altre condizioni – del potere d’acquisto di un soggetto. Con l’inflazione, in altri termini, la valuta perde valore in relazione a un bene o a un servizio da acquistare.

Il significato originario del termine inflazione non si discosta molto da questo concetto di uso comune, ma è opportuno ricordare come esso fosse equivalente a una crescita nella quantità di valuta in circolazione in un determinato Paese. Questo significato originario si lega, indirettamente, con il senso del termine indicato in apertura: basti pensare che una delle cause principalmente indicate come determinante dell’inflazione sia proprio quella di un eccesso di offerta della valuta rispetto alla domanda.

Come si calcola l’inflazione

Il termine inflazione è ormai si uso comune e quindi si tende a dare per scontata la formula per il calcolo di questo indicatore macroeconomico. Questo è un errore perchè conoscere come si come si calcola l’inflazione significa avere più consapevolezza del ruolo di questo dato macro nell’andamento di una economia.

Per calcolare l’inflazione esistono diversi indicatori che misurano lo scostamento di una base di riferimento all’interno di un arco temporale assunto in considerazione. Tali indicatori, determinati periodicamente dall’Istituto Nazionale di Statistica (abbr. ISTAT), possono fare riferimento a tre tipologie diverse di indici: l’indice dei prezzi al consumo, l’indice dei prezzi all’ingrosso (che misura la variazione dei prezzi relativamente alle operazioni di tipo commerciale effettuate dalle imprese) e l’indice del costo della vita (risultato dell’incremento dei prezzi di un paniere di beni ordinariamente acquistati da una famiglia).

Il calcolo degli indicatori sopra citati è tuttavia piuttosto simile. La prima fase è costituita dall’individuazione di un paniere di beni, cioè da un insieme di prodotti o di servizi che si ritiene essere rappresentativo dei consumi dei soggetti cui si fa riferimento. Successivamente, si procede alla rilevazione dei prezzi, e alla costruzione dell’indice stesso.

Inflazione e indice dei prezzi al consumo

Dei tre indici accennati, quello sul quale si è soliti riporre maggiore attenzione è il primo. L’indice dei prezzi al consumo è infatti la variazione, in un arco temporale predeterminato, dei prezzi di una paniere di beni e di servizi acquistabili sul mercato, e destinati al consumo da parte delle famiglie. La misura di tale indice (inglese: Consumer Price Index, abbr. CPI) è una media ponderata dei prezzi di un insieme di prodotti, che vengono scelti e calcolati sulla base della abitudini di acquisto di un consumatore medio.

Vi sono diverse modalità di determinazione dell’indice dei prezzi al consumo, a seconda della popolazione presa in considerazione, del territorio in oggetto, della composizione del paniere dei beni, della tipologia dei prezzi, o ancora del modo con il quale si è proceduto alla ponderazione dei prezzi/beni.
Possiamo a tal proposito ricordare brevemente l’esistenza di un’inflazione provinciale, o meglio, di un indice dei prezzi al consumo su base provinciale, o un indice dei prezzi al consumo su base regionale e, ovviamente, l’indice dei prezzi al consumo su base nazionale.

Inflazione congiunturale e inflazione tendenziale: differenze

Ancora, è possibile individuare un’inflazione congiunturale, che esprime la variazione dei prezzi rispetto al mese che precede la rilevazione; un’inflazione tendenziale, che esprime la variazione dei prezzi rispetto allo stesso mese della rilevazione, ma dell’anno precedente; o ancora un’inflazione annuale, che esprime la variazione della media dei dodici indici relativi ai mesi dell’ultimo anno.

Di indubbio interesse è anche la ripartizione degli indicatori dell’inflazione per popolazione di consumatori. Possiamo infatti distinguere:

  • l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, indicatore dell’inflazione a livello di intero sistema economico, individuato ipotizzando che l’Italia sia un’unica grande popolazione familiare, un unico insieme omogeneo da prendere come elemento di calcolo e valutazione. L’utilità di tale indice (conosciuto anche attraverso l’acronimo NIC) si rivela soprattutto a livello di programmazione economica, o di calcolo dell’inflazione programmata;
  •  l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) per i Paesi dell’Unione Europea, che permette una migliore comparazione dell’inflazione tra i Paesi appartenenti all’area considerata;
  •  l’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati (FOI), che utilizza come base di calcolo un paniere di beni e servizi tipicamente collegati alle abitudini di consumo dei lavoratori dipendenti, ed è pertanto usato come strumento di calcolo della variazione dei canoni di affitto.

Storicamente, in Italia l’inflazione degli ultimi tre anni si è mantenuta intorno a livelli compresi tra l’1,9% del 2017 e lo 0,5% del novembre 2019 nettamente sotto la media emersa nel primo decennio del 2000 quando l’indice si è mosso tra l’1,5% e il 3%, con l’unica eccezione del 2008, anno in cui l’inflazione toccò il 3,3%.

Ben diversa è stata invece la situazione relativa ai decenni degli anni ’70 e ’80, periodo in cui il Paese conobbe un’inflazione galoppante (termine con il quale, comunemente, si indica una variazione dei prezzi superiore al 5%), fino a giungere all’iperinflazione del 1980, quando l’inflazione superò addirittura il 21%.

Vedi la serie storica dell’inflazione italiana dal 1955 ad oggi.

Usare l’inflazione per fare trading

Mentre il pubblico generalista considera gli aggiornamenti sull’inflazione alla stregua di una notizia di cronaca, il punto di vista dell’investitore è più complesso. Per chi investe sui mercati, anche attraverso l’ausilio di strumenti derivati come i CFD, l’indice dei prezzi al consumo rappresenza un market mover ossia un dato che è in grado di condizionare l’andamento di specifici asset.

Il buon trader, quindi, prima di investire analizza i più importanti dati macroeconomici tra cui, appunto, l’inflazione. Il Forex è uno dei mercati che maggiormente risente dell’andamento dei prezzi al consumo. In questa guida sui più importanti Market Mover nel Forex viene appunto citata l’inflazione accanto ad altri dati macro come i prezzi alla produzione o il PIL.

A condizionare l’andamento dei mercati non è tanto l’inflazione storica ma gli aggiornamenti e, ancora prima, le stime attese prima della stessa ufficializzazione del dato.

Questo significa che se vuoi investire nel Forex sfruttando le previsioni sull’inflazione, devi conoscere sia il calendario macro che quelle che sono le stime degli analisti sull’indice dei prezzi al consumo.

LEGGI ANCHE – Forex e dati macroeconomici: come sfruttare il legame nel trading

Ovviamente usare i dati sull’inflazione per fare trading sul Forex non è facile ed è per questo motivo che consiglio di partire sempre con un conto demo. Grazie al conto virtuale che sono i migliori broker Forex e CFD ti forniscono puoi imparare a fare trading usando l’inflazione. Personalmente ti consiglio di adoperare un broker affidabile come eToro (leggi qui la recensione) che ti mette a disposizione anche il comodo strumento del Copy Trading grazie al quale puoi copiare dai traders più bravi.

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Novità paniere Istat inflazione

Infine, un’ultima annotazione sul paniere utilizzato dall’Istituto Nazionale di Statistica per il calcolo dell’inflazione. Si registrano infatti alcune variazioni rispetto alla base di valutazione dello scorso anno: valutazioni che, tuttavia, non è possibile stabilire significativamente da un punto di vista quantitativo, visto che il numero di posizioni comprese nel paniere è pur sempre di centinaia di diverse voci.

Negli ultimi anni nel paniere Istat sono poi entrati altri beni che erano quasi inimmaginabili fino a poco tempo fa. Si pensi a auto elettriche ed ibride, i monopattini elettrici, il sushi take away e la consegna di pasti a domicilio. Altre novità incluse nel paniere sono state il servizio di barba e baffi e i trattamenti estetici per uomo. Con l’ultima revisione del paniere, l’Istat ha anche incluso gli apparecchi acustici, l’applicazione dello smalto semipermanente e lavatura e stiratura di camice.

E’ un paniere più ricco quello che è stato elaborato dall’Istat per tenere conto dei cambi delle abitudini degli italiani. Il nuovo paniere Istat è anche più green rispetto al passato visto che comprende le vetture 100% elettriche o ibride. Molte nuove voci inserire nel paniere sono espressione della necessità di risparmiare sul tempo. E’m questo il caso del food delivery e del “lava e stira” camice.

La principale novità sul metodo di calcolo dell’indice dei prezzi riguarda l'”ampliamento dell’utilizzo dei prezzi registrati alle casse mediante scannerizzazione dei codici a barre (scanner data) a nuovi canali distributivi del commercio al dettaglio della Grande distribuzione organizzata“.

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