Si avvicina sempre di più il termine ultimo per la sanatoria criptovalute. Chi non ha dichiarato i redditi derivanti delle criptovalute e maturati al 31 dicembre 2021, avrà tempo fino al 30 novembre 2023 per mettersi in regola e non incorrere in sanzioni pesanti. Non ci dovrebbero essere proroghe alla scadenza e quindi la scadenza del 30 novembre prossimo si configura davvero come l’ultima occasione che i crypto-investitori hanno per poter regolarizzare la loro posizione dietro il pagamento di una sanzione contenuta.
Visto che ci risulta che tanti investitori si trovano nella necessità di dover sanare la loro posizione dinanzi al fisco per il possesso degli asset digitali, vale la pena ricordare quale è la procedura da seguire per sanare la propria posizione.
Sanatoria redditi da criptovalute: la procedura da seguire
Cosa fare concretamente per avere accesso alla sanatoria sui redditi da criptovalute? A spiegare la procedura da seguire è stata l’Agenzia delle Entrate che nei mesi scorsi ha rammentato come chi fino al 2021 ha omesso di dichiarare le criptovalute in suo possesso nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi può procedere con la regolarizzazione della propria posizione dinanzi al fisco con tre semplici passaggi:
- presentazione del modello unico
- indicazione del valore delle cripto-valute detenute in ognuno dei periodo di imposta
- versamento di una sanzione ridotta pari allo 0,5% del valore delle criptovalute detenute al termine di ciascun periodo d’imposta
Sempre l’Agenzia delle Entrate ha anche precisato che la stessa procedura può essere seguita anche da coloro i quali avevano omesso di esporre i redditi realizzati derivanti da cripto-attività. La sola differenza è che in questo caso è previsto il pagamento di una imposta sostitutiva pari al 3,5 per cento del valore delle criptovalute.
L’istanza di emersione deve essere presentata entro il 30 novembre 2023, insieme alle relative imposte sostitutive e sanzioni. Inoltre, i contribuenti devono allegare una relazione dettagliata che includa una panoramica delle violazioni oggetto dell’istanza, un prospetto di riconciliazione tra la documentazione e gli importi dichiarati e un dettaglio del valore delle cripto-attività.
Questa documentazione è necessaria per dimostrare la liceità della provenienza delle somme investite e il costo di acquisto degli asset.
Proprio in merito alla relazione da presentare, non mancano però delle criticità. Il mondo del Web3 è caratterizzato da transazioni decentralizzate e on-chain che molte volte non generano una traccia documentata precisa. Proprio questa situazione potrebbe rendere alquanto difficile la produzione di una documentazione adeguata per dimostrare la legittimità degli investimenti condotti e il costo di acquisizione delle cripto-attività.
Ad ogni modo, tutta l’istanza di sanatoria, completa di tutti gli allegati richiesti (compresa questa controversa relazione), dovrà essere inviata via PEC e firmata digitalmente dal contribuente richiedente. A predisporre la trasmissione di tutto il dossier può essere il commercialista (anzi è consigliabile che lo sia).
Sanatoria redditi da criptovalute: quanto conviene?
E veniamo adesso alla domanda che più di tutte interessa gli investitori potenzialmente interessati alla sanatoria e quindi alla scadenza del 30 novembre 2023. Quanto conviene aderirvi?
E’ bene precisare subito che l’istanza di emersione per le criptovalute rappresenta un’opportunità interessante per i detentori di cripto-attività, poichè applica aliquote fiscali più basse rispetto a quanto si verrebbe a pagare in caso di tassazione standard e sanzioni.
In particolare, come detto prima, la sanatoria prevede il pagamento di una sanzione ridotta dello 0,5 per cento per la mancata compilazione del quadro RW che è decisamente più bassa rispetto alle sanzioni che normalmente scattano per questo mancato adempimento (possono arrivare anche al 30 per cento degli importi non dichiarati). Stesso discorso per la seconda fattispecie ossia la sanzione per la mancata dichiarazione dei redditi: essa è pari al 3,5 per cento ed è particolarmente conveniente se si tiene conto che l’aliquota applicata alle plusvalenze è pari al 26 per cento.
Tirando quindi le somme, il vero nodo non riguarda né il meccanismo di adesione alla sanatorio e né le sanzioni che sono molto contenute. Il punto è sulla retroattività del provvedimento. Per alcuni esperti di crypto e di fisco si tratta di una retroattività illegittima. E voi cosa ne pensate?
Cogliamo l’occasione per ricordare che, quando si parla di investimenti in criptovalute, è fondamentale prestare attenzione anche alla scelta della piattaforma da usare. Broker ed exchange senza autorizzazione sono da lasciar perdere.
Da valutare sono invece queste due soluzioni:
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