Nuovi problemi all’orizzonte per le criptovalute, questa volta da oltremanica. La Financial Conduct Authority del Regno Unito ha deciso di mettere sotto torchio le piattaforme non registrate che si occupano dello scambio di asset digitali.

Nel mirino ci sono almeno 50 società che starebbero operando senza licenza, riferisce The Telegraph, che aggiunge: “Quest’anno [la FCA] ha detto di aver ricevuto sette segnalazioni da parte di dipendenti di aziende attive nel settore delle criptovalute. Nei tre anni precedenti non c’era stata alcuna segnalazione”.

Non bastavano quindi i prezzi in caduta libera, le indagini negli Stati Uniti circa la presunta manipolazione del mercato tramite i Tether dollars e l’incertezza circa l’approvazione o meno dell’ETF sul bitcoin da parte della SEC.

Dall’inizio dell’anno il prezzo della maggiore criptovaluta è calato di circa l’80%, mentre le perdite si aggirano intorno al 90% per il comparto del suo complesso. Al momento della scrittura un BTC viene dato sotto i 3800 dollari sul sito Coinmarketcap, ma diversi analisti e osservatori del campo si aspettano una flessione ulteriore capace di far arrivare il bitcoin almeno a quota 3000 dollari.

La pressione esercitata dalle vendite si sta riversando sull’intero ecosistema crypto e le carenze dei fornitori di servizi meno professionali e attrezzati emergono in modo da non poter essere ignorate”, scrive Anatoliy Knyazev di Exante.

Ma le conseguenze potrebbero estendersi ben al di là di qualche denuncia in Gran Bretagna. L’economia digitale sarà uno dei temi sul tavolo del G20, che si terrà in Argentina tra il 30 novembre e il 1º dicembre 2018. E il recente crash del mercato delle criptovalute rischia di modificare sostanzialmente la posizione attendista che gran parte delle maggiori 20 economie del mondo aveva mostrato nei riguardi della regolamentazione di questo settore.

A cura di Matteo Oddi

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