Il 7 dicembre, le istituzioni dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo fondamentale sulle nuove norme finalizzate a migliorare l’efficienza energetica degli edifici e a ridurre le loro emissioni, nell’ambito della cosiddetta “direttiva case green“.
Questo provvedimento, parte integrante del piano Fit for 55, mira a drastici tagli alle emissioni di gas serra entro il 2030. La direttiva, ufficialmente nota come Energy Performance Building Directive, inizialmente votata a marzo dal Parlamento europeo a Strasburgo, ha subito modifiche significative a seguito delle richieste di alcuni Stati membri, Italia compresa.
La versione finale della direttiva case green
La versione finale della direttiva “case green” ha introdotto importanti cambiamenti, tra cui il rinvio della data di eliminazione graduale dei combustibili fossili dagli edifici. Inizialmente prevista per il 2035, questa scadenza è stata spostata al 2040, permettendo agli Stati membri di incentivare sistemi di riscaldamento ibridi.
Un altro punto di svolta riguarda l’installazione obbligatoria di pannelli solari sugli edifici. La versione iniziale imponeva questa misura a ogni tipo di edificio, ma la versione finale si concentra solo sugli edifici non residenziali di determinate dimensioni.
Il delicato tema dei “mutui green” ha visto un cambiamento significativo nella versione definitiva. Ora, le banche non sono più obbligate, ma semplicemente incoraggiate, a concedere questi mutui, fornendo maggiore flessibilità finanziaria.
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La direttiva case green tra obiettivi ridotti e maggiore flessibilità
La versione finale della direttiva ha ridimensionato gli obiettivi di miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici. Invece di puntare alla classe energetica E per tutti gli immobili residenziali entro il 2030 e alla classe D entro il 2033, gli Stati membri dovranno ora ridurre i consumi del 16% entro il 2030 e del 20/22% entro il 2035.
Un’altra novità è la maggiore flessibilità concessa agli Stati membri nella scelta delle strategie per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei consumi. Questa flessibilità consente di delineare una roadmap di interventi di ristrutturazione prioritari, tenendo conto delle specifiche esigenze nazionali.
L’accordo raggiunto rappresenta un passo significativo verso la riduzione delle emissioni di gas serra nell’Unione Europea. Gli edifici, responsabili del 40% del consumo di energia e del 36% delle emissioni totali di gas serra, diventano il fulcro di un ambizioso obiettivo: raggiungere il 2050 con un parco immobili a emissioni zero.
Le reazioni dell’Italia e dell’Unione Europea
Il ministro dell’Ambiente italiano, Gilberto Pichetto, ha enfatizzato il continuo impegno verso la decarbonizzazione e la riqualificazione del patrimonio edilizio. L’eurodeputata Isabella Tovaglieri, relatrice ombra del provvedimento, ha celebrato la vittoria del buon senso e del realismo, sottolineando l’importanza di misure concrete per migliorare la vita dei cittadini.
Anche i proponenti della direttiva, rappresentati dal relatore Ciarán Cuffe e dalla commissaria Ue all’Energia Kadri Simson, hanno espresso soddisfazione per il risultato ottenuto.
Nonostante l’accordo, il dibattito sul finanziamento della transizione verso edifici più sostenibili resta aperto. La capodelegazione del Movimento 5 Stelle, Tiziana Beghin, ha accolto positivamente l’accordo, ma ha criticato alcuni compromessi al ribasso. La questione chiave riguarda il silenzio del governo italiano sul finanziamento, mentre la premier francese Élisabeth Borne ha proposto l’utilizzo dei fondi europei per la riconversione edilizia.
Il Movimento 5 Stelle propone un’opzione più audace, suggerendo l’emissione di debito comune per finanziare un nuovo Recovery fund che sostenga un Superbonus europeo. Questa proposta, secondo Beghin, rappresenta l’unico modo per garantire che nessun proprietario di casa resti indietro nella transizione verso un futuro più sostenibile.
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