L’Europa non è riuscita a convincere i Paesi esportatori di greggio. Ciò significa che non ci sarà alcun aumento rapido della produzione.
L’Opec ha deciso di continuare ad attenersi alla sua tabella di marcia senza deroghe, quindi se entreranno in vigore le sanzioni sul petrolio dalla Russia, non verrà offerto all’Europa alcun aiuto per ribilanciare in fretta il mercato.
Il messaggio, dunque, appare abbastanza chiaro: se decidete di chiudere definitivamente i rubinetti da Mosca, farete un pericoloso salto nel vuoto e spingerete il mondo verso uno degli shock petroliferi peggiori della storia.
Nei giorni scorsi i rappresentanti di Bruxelles e dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio si sono incontrati a Vienna proprio per discutere della situazione e di cosa accadrebbe se l’Europa decidesse di applicare delle sanzioni sul petrolio alla Russia.
I rappresentanti della Commissione hanno richiesto che venga rimpiazzata almeno una parte del volume di greggio che verrebbe perso procedendo in questo modo, ma l’Opec ha una rigida roadmap (stabilita con la Russia) da seguire per lasciarsi alle spalle il disastro causato dalla pandemia, e per questo motivo continua a rifiutare la proposta europea.
Secondo quanto affermato, a maggio rilascerà solo 432mila barili al giorno in più, come previsto dal programma.
Le sanzioni alla Russia non piacciono all’Opec
Mohammad Barkindo, segretario generale dell’Opec, ha affermato: “potremmo potenzialmente vedere la perdita di più di 7 milioni di barili al giorno di petrolio russo e altre esportazioni di liquidi a causa delle sanzioni attuali e future o di altre azioni volontarie”.
“Considerando le attuali prospettive della domanda, sarebbe quasi impossibile sostituire una perdita di volume di questa portata“. Si tratta dunque di ragioni tecniche, dietro le quali è impossibil non trovarne anche di politiche.
L’Opec ha un problema oggettivo di spare capacity. Sono pochissimi, infatti, i Paesi in grado di aumentre la produzione di petrolio così in fretta (soprattutto Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti). Tuttavia, esistono due scorciatoie, che sarebbero quelle di dare il via libera al greggio proveniente dall’Iran o dal Venezuela (due Paesi entrambi sotto sanzioni).
Per quanto riguarda l’Iran, attualmente sono in corso i negoziati sul nucleare e la Russia, che partecipa alle trattative, non sta di certo agevolando l’accordo. Con Caracas i primi accordi con gli Stati Uniti non sono andati propriamente bene.
Tuttavia l’Opec riequilibra il mercato del petrolio dal 2016 grazie soprattutto all’appoggio della Russia, con il formato Opec+. Ed ora sembra (come prevedibile) intenzionata a non rinunciare a questo vantaggio. Questo è evidente ed emerge anche dal fatto che la maggior parte dei Paesi Opec, proprio in queste settimane, nei voti all’Onu ha deciso di non schierarsi contro la Russia.
Forte di questo vantaggio offerto dall’accordo con la Russia, Barkindo ha fatto notare alla commissaria Ue all’Energia Kadri Simson, che il problema è europeo, o al più occidentale, e che quindi l’Opec non ha alcuna obbligazione ad intervenire.
Barkino poi, riferendosi alla crisi energetica e ai conflitti armati in Ucraina, ha affermato: “queste crisi si sono sommate per creare un mercato altamente volatile. Devo sottolineare, tuttavia, che si tratta di fattori non fondamentali che sono totalmente fuori dal nostro controllo all’Opec”.
Il tutto, in parole povere, significa: l’Opec ha l’obbligo di riequilibrare i mercati solamente quando le distorsioni dipendono da domanda e offerta. Altri tipi di eventi che “scuotono” il mercato, non ci competono.
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