“L’Italia è la patria del buon cibo. E un cibo per essere buono oltre che al gusto deve esserlo anche nel rispetto di specifici parametri nutrizionali, ambientali, sociali ed economici”.
Questo emerge dal nuovo Food Sustainability Index (FSI), un progetto di Economist Impact e Fondazione Barilla che punta ad analizzare il cibo in 3 aree differenti, ossia:
- agricoltura sostenibile;
- sfide nutrizionali;
- lotta agli sprechi alimentari.
E sembra che l’Italia se la stia cavando bene in tutti e tre questi aspetti. Infatti nell’FSI presentato in questi giorni si legge dell’ottima performance italiana e che il nostro Paese “eccelle nel mondo in materia di lotta agli sprechi alimentari e alle perdite di cibo lungo la filiera produttiva”.
Dalla Fondazione Barilla poi spiegano che “il FSI è un indice globale frutto di una partnership avviata nel 2016 tra Fondazione Barila e The Economist (assieme al suo hub di innovazione Economist Impact, che prima veniva chiamato Economist Intelligence Unit)”.
“L’edizione del 2021, la quarta del FSI, analizza il nesso cibo-salute-ambiente in ben 78 Paesi (che rappresentano oltre il 92% del PIL globale ed oltre il 92% della popolazione mondiale) mediante 38 indicatori differenti e 95 metriche individuali”.
Lo scopo dello studio è quello di indagare sulla situazione attuale dei sistemi alimentari di tutto il mondo per evidenziare quelle che sono le “best practice” e quali sono invece le aree in cui bisogna intervenire per migliorare la situazione, per raggiungere poi gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) Onu.
Nel corso degli anni l’indice si è ampliato sia in termini di copertura geografica sia in termini di indicatori analizzati. Basti pensare che dal 2016 ad oggi sono già stati inclusi altri 53 Stati nell’analisi e sono stati presi in considerazione 18 nuovi indicatori che toccano alcune delle questioni più rilevanti, come la resilienza dei sistemi sanitari o la mitigazione dei cambiamenti climatici.
La direttrice della ricerca della Fondazione Barilla, Marta Antonelli, ha poi sottolineato che “il nuovo FSI mostra ampi margini di miglioramento nelle performance globali in materia di sostenibilità alimentare e stato della nutrizione”.
“L’Italia è sulla buona strada e nella lotta allo spreco alimentare, che a livello globale riguarda un terzo del cibo prodotto, possiamo essere presi come riferimento dal resto del mondo. Per quanto riguarda gli sprechi alimentari dal campo alla tavola, l’Italia è infatti al secondo posto dopo il Canada, anche grazie a iniziative, strategie e politiche che hanno agito per contrastare il fenomeno”.
“Tra queste, la Legge e Gadda che ha facilitato anche tramite agevolazioni fiscali la donazione delle eccedenze alimentari alle Onlus“.
Si tratta di un intervento normativo che rientra tra le “best practice” e che è stato riconosciuto a livello mondiale. Inoltre questo ha prodotto fin da subito dei risultati tangibili: già a partire dal primo anno in cui è entrato in vigore (2016-2017), le donazioni di cibo alle Onlus sono aumentate del 21%.
Per quanto riguarda gli altri parametri analizzati dall’FSI, poi, “l’Italia dimostra il suo impegno nell’intraprendere un percorso sempre più virtuoso. Particolarmente buoni risultano i dati relativi alla qualità della vita”
Con uno score di 86 ci posizioniamo appena dopo Francia e Spagna ma prima della Germania, su scala europea. Inoltre anche l’aspettativa di vita è abbastanza alta nel nostro Paese: analizzando i dati è emerso che l’aspettativa di vita alla nascita è di 83,2 anni, mentre l’aspettativa di vita in salute è di 71,9 anni.
Infine la mortalità da NCDs, ossia da malattie non trasmissibili, è di 235,6 ogni 100.000 abitanti e si tratta di uno dei dati più bassi tra quelli dei Paesi analizzati. Inoltre va ricordato che in Italia, così come negli altri Paesi occidentali, problemi come la malnutrizione infantile o la sottonutrizione sono presenti in percentuali bassissime.
Per quanto riguarda i temi nutrizionali in generale, il Food Sustainability Index evidenzia l’enorme impegno del nostro Paese nel promuovere un’alimentazione sana e sostenibile, come dimostrano le svariate iniziative e programmi di sensibilizzazione attualmente attivi, come “Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari” per la prevenzione ed il controllo delle malattie croniche e il miglioramento della qualità della vita, oppure come le frequenti campagne di sensibilizzazione del Ministero della Salute.
Per quanto riguarda il consumo idrico, Economist Impact e Fondazione Barilla si aspettano degli importanti miglioramenti nei prossimi anni. “Come molti Paesi del Mediterraneo, infatti, in Italia la pressione dulle risorse di acqua di superficie e di falda per la produzione alimentare è piuttosto alta”.
“Per questa ragione attualmente il nostro score appare abbastanza in linea con la media mondiale: 65,8 contro il punteggio medio di 70,3“. Tuttavia le iniziative in programma per i prossimi anni fanno ben sperare che possa esserci un miglioramento in questo ambito, in linea anche con il Pnrr che contiene delle sezioni specifiche dedicate all’efficienza delle risorse idriche nel settore agricolo.
Inoltre l’FSI analizza anche la sostenibilità alimentare nel resto del mondo, osservando che “nonostante lo spreco alimentare sia un grave problema gobale, meno di un terzo (28%) dei Paesi analizzati dal FSI dimostra di possedere una strategia dedicata al tema. In questo ambito, i Paesi con le migliori politiche in atto sono Francia, Germania, Itlia, Stati Uniti e Argentina”.
“A livello mondiale, le perdite di cibo tra i primi 19 classificati non superano il 3% della produzione alimentare totale, rispetto alla media generale che è del 6%“. Inoltre è stato osservato che anche i rifiuti alimentari domestici sono al di sotto della media (che corrisponde a 85 kg di cibo sprecato pro capite ogni anno) in quasi 40 Paesi analizzati.
Per quanto riguarda il capitolo dell’agricoltura sostenibile, invece, l’FSI evidenzia che esistono ancora degli ampi margini di miglioramento. Basti pensare che meno della metà dei Paesi analizzati ha introdotto delle iniziative inerenti la lotta ai cambiamenti climatici nelle proprie politiche. Al momento i Paesi con i risultati migliori in questo frangente sono: Austria, Tanzania, Svezia, Finlandia ed Estonia.
Giappone, Cina, Francia, Svezia e Danimarca sono i primi 5 Paesi con le migliori performance a livello di sfide nutrizionali, che comprendono aspetti come la qualità della vita, le aspettative di vita, la carenza di nutrienti, la composizione della dieta e la malnutrizione.
In tal senso Fondazione Barilla sottolinea: “questa è probabilmente l’area che, più di altre, mette in luce le differenze che ancora oggi caratterizzano i Paesi ad alto e basso reddito: infatti 19 dei 20 Paesi con i migliori risultati sono Paesi ad alto reddito, in cui le diete sane e sostenibili sono economicamente accessibili alla popolazione. Tuttavia solo 7 di questi 19 Paesi includono l’aspetto della sostenibilità della dieta nelle linee guida alimentari nazionali”.
Infine il senior manager di Economist Impact, Martin Koehring, conclude affermando che i Paesi di tutto il mondo devono fare ancora molto per afrontare le sfide chiave dei sistemi alimentari. “La nostra ricerca mostra che gli sforzi per affrontare la sostenibilità alimentare si affiancano agli sforzi per affrontare altri obiettivi chiave, sociali ed economici, come lo sviluppo umano, lo sviluppo sostenibile, la spesa sanitaria, l’uguaglianza di genere e il sostegno all’innovazione”.
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