La Corte dei Conti europea ha rilevato, e messo nero su bianco in una nuova relazione speciale, che i fondi comunitari destinati ad incrementare il risparmio energetico nelle imprese hanno portato a miseri risultati e molto difficili da valutare.
L’ente, che analizza tutte le entrate e le uscite dell’Unione, ha voluto fare chiarezza sulle risorse dedicate all’efficientamento energetico delle PMI e quali sono i benefici conseguiti in tutti questi anni. L’Ue infatti si occupa dell’efficientamento delle aziende attraverso dei meccanismi di finanziamento ad hoc, come ad esempio i fondi della politica di coesione (FESR e FC) oppure i fondi per la ricerca e l’innovazione.
Secondo quanto emerso dalle analisi della Corte, i fondi stanziati nel periodo 2014-2020 ammontano a circa 3,8 miliardi di euro, di cui 2,4 legati solo ai Fondi FESR e FC. Inoltre la suddivisione non è stata equa tra tutti e 27 gli Stati membri.
Due terzi della spesa sono stati infatti destinati a 5 Paesi, ossia Polonia, Repubblica ceca, Germania, Bulgaria e Italia.
Risparmio energetico nelle aziende? Difficile valutarlo
L’analisi si è concentrata principalmente sugli strumenti della politica di coesione con l’obiettivo di comprendere se la spesa fosse stata proficua o meno. Tuttavia i risultati mostrano che la situazione è molto più complessa del previsto e in alcuni casi è molto difficile da valutare dato che non è possibile effettuare una valutazione della performance a livello comunitario.
Questo perché gli indicatori nazionali utilizzati per valutare il risparmio energetico nelle aziende non sono gli stessi in tutta Europa ma variano da Stato a Stato. E come se non bastasse a volte variano anche tra i diversi programmi d’efficientamento dello stesso Paese.
La relazione poi solleva dei dubbi anche circa il reale valore aggiunto degli aiuti europei. In altre parole, servono o non servono? In una nota stampa la Corte scrive: “è chiaro che le sovvenzioni Ue sono prese in considerazione quando le imprese adottano decisioni d’investimento”.
“Ma, nella maggior parte dei casi, gli investimenti che hanno ricevuto finanziamenti erano stati già pianificati“. Tradotto, molti dei progetti finanziati sarebbero andati avanti comunque anche senza il sostegno comunitario, dato che investire nell’efficientamento delle aziende in genere conviene.
Tenendo conto di ciò, la Corte ha cercato di elaborare una stima del potenziale risparmio generato dai progetti finanziati con i FESR e FC. Da alcuni calcoli è emerso che la quota totale è di appena 0,3%, fornendo un contributo decisamente modesto ai target europei.
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