Come già noto, la Misura 2 del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) prevede una serie di interventi volti ad accelerare la transizione energetica, per abbandonare le fonti fossili e passare definitivamente a quelle rinnovabili.

In particolare sono previsti dei finanziamenti pari a:

  • 0,14 miliardi di euro per le Green Communities;
  • 1,5 miliardi di euro per la realizzazione di parchi agrovoltaici;
  • 3,61 miliardi di euro per il rafforzamento delle smart grid.

Inoltre il Pnrr, con un fondo per i prestiti necessari alla realizzazione di nuova potenza rinnovabile attraverso le Comunità energetiche, ha destinato altri 2,2 miliardi di euro ai Comuni con una popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

Al fine di rendere accessibile questo credito ad un numero maggiore di soggetti che potrebbero costituirsi in Comunità energetiche, diversi gruppi parlamentari, sollecitati da Legambiente, hanno presentato degli emendamenti alla Legge di Bilancio.

Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale e responsabile delle politiche climatiche di Legambiente, ha infatti spiegato: “queste configurazioni oggi sono finalmente possibili e convenienti grazie all’autoproduzione e degli incentivi di cui beneficiano, ma gli interventi rischiano di essere rallentati dalla barriera che le banche hanno innalzato nei confronti di soggetti giuridici nuovi, come le comunità energetiche, che non offrono garanzie e non possono farlo indirettamente attraverso i soci”.

Bisogna infatti sottolineare che il potenziale delle Comunità energetiche nel processo di decarbonizzazione attraverso nuova produzione da generazione rinnovabile distribuita, è enorme.

Durante il Forum QualEnergia, svoltosi a Roma lo scorso 1 e 2 dicembre, Legambiente ha presentato i dati contenuti nel rapporto Elemens, intitolato “Ridurre le bollette accelerando la transizione ecologica“, curato dalla stessa associazione.

Secondo una recente stima, ben 8,4 GW (dati MiTE) dei 14,5 GW, quindi circa il 58%, di impianti di nuova generazione distribuita nei prossimi 10 anni, verranno realizzati per soddisfare il consumo residenziale, candidando i clienti residenziali ad essere i protagonisti principali del mondo della generazione distribuita, con un autoconsumo individuale e attraverso la configurazione di Comunità energetiche.

Basandosi sul consumo medio dei clienti domestici per ciascun nucleo familiare coinvolto (2.700 kWh) e ipotizzando un livello di autoconsumo del 65%, per realizzare oltre 8 GW di capacità sul residenziale occorrerebbe coinvolgere più di 2,5 milioni di nuclei familiari.

Inoltre un abbondante 30% dei 14,5 GWp potrebbe riguardare le piccole e medie imprese, ciò significa che la realizzazione di questi impianti dovrebbe coinvolgere tra le 8.000 e le 20.000 aziende, sia in Comunità miste sia all’interno di distretti artigianali.

La restante percentuale di contributo alla crescita della generazione distribuita deve essere equamente suddiviso tra il settore agricolo, le Pubbliche Amministrazioni e il settore terziario. Quest’ultimo, in particolare, potrebbe vedere coinvolti in Comunità energetiche miste circa 30mila esercizi accomunati dalla prossimità territoriale.

Zanchini ha poi affermato: “è di tutta evidenza che la realizzazione di comunità energetiche consente di accelerare la diffusione di impianti da fonti rinnovabili e di condividere la produzione, permettendo l’autoproduzione da energie pulite aiutando famiglie, imprese, enti locali e associazioni del terzo settore di beneficiare dei vantaggi di una generazione distribuita e pulita”.

Gli emendamenti presentati dai parlamentari

Mentre per i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti l’accesso al fondo è praticamente certo grazie alla Misura 2 inserita nel Pnrr, ora è necessario che questa possibilità venga estesa anche ai tanti e diversificati soggetti che possono divenire soci di comunità energetiche e che per il momento non sono inclusi.

Proprio per questo motivo Legambiente ha sollecitato i gruppi parlamentari e ha proposto due emendamenti a valere sulla Legge di Bilancio. La prima proposta ha l’obiettivo di istituire un fondo di garanzia per le comunità energetiche attraverso l’inserimento di un nuovo articolo nella Legge di Bilancio.

Istituendo quindi un apposito Fondo, denominato “Fondo di garanzia per la realizzazione di comunità energetiche rinnovabili“, per un totale di 15 milioni di euro per l’anno 2022, 20 milioni di euro per l’anno 2023, 25 milioni per il 2024 e 30 milioni per gli anni seguenti fino al 2030, si cerca di garantire una “parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti per la realizzazione di comunità energetiche rinnovabili”.

A questo fondo avranno accesso tutte le comunità di energia rinnovabile e i gruppi di autoconsumo collettivo, inclusi tutti i soggetti che partecipano a tali configurazioni qualora decidessero di finanziare impianti da mettere al servizio delle stesse.

Inoltre è previsto che “i proprietari di impianti a fonte rinnovabile, beneficiari dei crediti per gli incentivi ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, maturati a decorrere dal 1° gennaio 2021, possono cedere i crediti derivanti dall’ammissione alle tariffe incentivanti, trasferendo la titolarità dei crediti stessi ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari”.

La seconda proposta prevede invece una modifica dell’articolo 16 (Garanzia Green) della Legge di Bilancio, per permettere l’accesso al fondo di Garanzia Green di Sace. Sarà poi un decreto del Ministrero dell’Economia a definire le forme semplificate di accesso da parte di famiglie e imprese.

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