Il nuovo rapporto “Med & Italian Energy Report“, realizzato dal centro studi Srm (Studi e ricerche per il mezzogiorno), collegato al gruppo Intesa Sanpaolo e sostenuto dalla fondazione Compagnia di San Paolo, in collaborazione con l’Energy Center del Politecnico di Torino, ha evidenziato che l’Europa ha il miglior rapporto tra consumo di energia e pil rispetto a Stati Uniti e Cina.

Questo perché i Paesi del Vecchio Continente hanno investito molto di più e da più tempo nell’efficienza energetica. Il nuovo rapporto pubblicato si concentra sulla transizione energetica e sul ruolo di primaria importanza che l’idrogeno può avere in termini di sostenibilità ambientale e di equità, per lo sviluppo e la cooperazione tra l’Unione europea e l’intera area del Mediterraneo.

Secondo quanto emerso dal rapporto, Cina, India, Usa ed Unione europea restano i maggiori consumatori al mondo di energia, con una percentuale pari al 56% così divisa:

  • Cina: 23%;
  • Usa: 15%;
  • Unione europea: 11%;
  • India 6%.

Nonostante ciò, l’Europa si muove in modo decisamente più veloce verso un’economia sostenibile. Basti pensare che negli ultimi 20 anni il suo mix di generazione elettrica è variato enormemente, con una riduzione dell’utilizzo del carbone dal 32% al 13%. L’utilizzo del gas naturale è invece aumentato notevolmente, passando dal 16 al 22%, così come l’utilizzo di fonti rinnovabili, che è passato da circa il 15% ad oltre il 41%.

Ma non è tutto. L’Europa ha anche annunciato che molto presto verranno adottate delle nuove strategie che permetteranno di aumentare maggiormente il peso delle rinnovabili, che dovrebbbero quindi arrivare a coprire circa il 61% del mix energetico entro il 2030, l’84% entro il 2040 e addirittura l’88% entro il 2050. Si tratta dunque di obiettivi molto ambiziosi, che l’Europa assicura verranno raggiunti nei tempi stabiliti.

Nonostante ciò l’Unione europea continua ad essere fortemente dipendente dalle importazioni di energia elettrica da altri Paesi (58%). Anche nel nostro Paese, infatti, la dipendena da Paesi esteri è molto alta, arrivando a toccare il 77%.

Ciò ovviamente contribuisce a rendere il sistema molto più vulnerabile sul tema della sicurezza energetica, la cui garanzia è necessaria per far funzionare al meglio tutte le attività sociali ed economiche. Dai dati raccolti emerge anche che i Paesi del sud del Mediterraneo sono fortemente dipendenti dalle fonti fossili.

In quest’area, infatti, l’87,5% dell’elittricità viene prodotta partendo da gas e petrolio, mentre le rinnovabili per il momento impattano per meno del 6%. Il “dialogo energetico” tra i Paesi a nord e a sud del Mediterraneo quindi è ancora fortemente basato sui combustibili fossili, con un flusso diretto da sud a nord, proveniente da Paesi produttori ed esportatori nordafricani e diretto verso i Paesi importatori dell’Europa.

Inoltre i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo presentano delle caratteristiche energetiche differenti, infatti si riscontrano differenze a livello di:

  • intensità energetica, ossia la misura della quantità di energia necessaria per produrre un’unità di pil. Questa infatti va da 5,7 megajoule/dollaro al nord, a 11,4 megajoule/dollaro al sud, dove il valore più basso indica una maggiore efficienza del sistema;
  • equità energetica;
  • sicurezza energetica;
  • sostenibilità ambientale.

Secondo quanto emerso dal nuovo report, la catena del valore dell’idrogeno potrebbe rappresentare un business significativo per tutta la regione del Mediterraneo, grazie anche all’impatto ecologico positivo che deriva dall’elevato potenziale delle fonti rinnovabili.

Sostenibilità ambientale ed equità energetica potrebbero invece derivare dall’adozione di nuovi schemi di cooperazione tra le sponde del Mediterraneo per lo sfruttamento del potenziale delle rinnovabili e per la produzione di idrogeno verde, permettendo così la costruzione di un nuovo “dialogo energetico“.

Da un’analisi condotta sui possibili scenari a medio termine (ossia entro il 2040) è emerso che, se è prevista una maggiore penetrazione dell’idrogeno (che raggiunga almeno il 25% degli usi finali di energia), una cooperazione tra le sponde permetterà di soddisfare la stessa domanda di idrogeno con una capacità installata complessiva di 36 gigawattora, di gran lunga inferiore a quella che occorrerebbe installare se invece i Paesi decidessero di lavorare in maniera autonoma.

Le interconnessioni esistenti per il trasporto di metano possono svolgere un ruolo chiave nel sostenere l’introduzione dell’idrogeno ed anche la nascita di un mercato di idrogeno verde nel Mediterraneo, sfruttando il trasporto di idrogeno in forma di miscela col gas naturale.

Se guardiamo il caso dell’Italia vediamo che la massima importazione di idrogeno attraverso i gasdotti esistenti potrebbe essere di 33,7 terawattora all’anno, che sarebbero sufficienti per coprire il 2,5% del consumo energetico finale del Paese (secondo i consumi del 2019).

Il direttore generale di Srm di Intesa Sanpaolo, Massimo Deandreis, ha affermato che con questo terzo rapporto annuale sull’energia il centro studi “ha concluso un primo triennio di ricerca che ha voluto rappresentare quanto fosse strategico questo impatto per il Paese. Abbiamo voluto tracciare un quadro dei nuovi orizzonti e delle nuove sfide che lo scenario competitivo ci chiama ad affrontare, come investimenti in infrastrutture, miglioramento della sicurezza energetica, più sostenibilità, rinnovabili ed efficienza e anche attenzione a ciò che va sviluppandosi sul tema dell’idrogeno”.

“Il Pnrr – aggiunge Deandreis – rappresenta la base da cui partire per iniziare un nuovo processo nel nostro Paese fondato sull’economia Green e anche sulla sinergia che può instaurarsi con l’economia blue. Non a caso abbiamo dedicato un capitolo alla portualità e allo shipping. L’Italia deve essere pronta a giocare e vincere The new game of Hydrogen, è questa la nuova capacità da mettere in campo”.

Inoltre anche il direttore scientifico dell’Energy Center del Politecnico di Torino, Ettore Bompard, ha affermato che “la transizione energetica è ormai un’esigenza indifferibile anche per la regione mediterranea”.

“La sua implementazione poggerà sull’interazione fra tre commodity chiave: energia elettrica, idrogeno e gas. In particolare l’idrogeno verde potrà rivestire un ruolo fondamentale non solo dal punto di vista della sostenibilità ambientale, ma anche come opportunità di sviluppo per i Paesi delle sponde est e sud e, pertanto, di crescita armonica dell’intera regione mediterranea”.

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