Dopo aver esaminato l’attività dell’Unione per favorire gli investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale, la Corte dei Conti europea afferma, in una relazione speciale, che l’Unione europea non sta facendo abbastanza per favorire gli investimenti verdi necessari a combattere il cambiamento climatico.
Inoltre il “piano per la finanza sostenibile”, approvato nel 2018 in attuazione degli accordi di Parigi, ad oggi risulta in larga parte inattuato. Secondo gli esperti, il valore degli investimenti sostenibili dovrebbe essere di circa 100-150 miliardi di euro l’anno per poter raggiungere l’obiettivo del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030.
Dal documento rilasciato dalla Corte dei Conti è emerso che i criteri attualmente utilizzati per dichiarare “eco-sostenibili” i progetti finanziati con fondi europei, non sono abbastanza rigidi, né basati su dati scientifici e uniformi.
Uno degli esempi più calzanti, in cui l’impatto ambientale del programma risulta non essere stato valutato in modo adeguato, è quello del Recovery Fund, il fondo per la ripresa delle economie dopo la crisi dovuta alla gestione della pandemia da Covid-19. Questo fondo, infatti, dovrebbe destinare il 37% dei finanziamenti (pari a 268 miliardi di euro) a prgetti a sostegno dell’azione per il clima.
L’Italia non ha in programma di fermare i sussidi dannosi per l’ambiente
I magistrati contabili hanno poi sottolineato che vi sono ben sette Paesi membri, tra cui anche l’Italia, che non solo continuano ad erogare sussidi per attività ambientalmente dannose, ad alto tasso di inquinamento, ma non hanno nemmeno in programma di sospendere questa erogazione.
La Corte dei Conti ha poi sottolineato che anche alcuni programmi di spesa dell’Unione favoriscono il finanziamento di attività che risultano essere dannose per l’ambiente. Basti pensare alla politica di coesione, ossia la principale politica di investimento dell’Ue, che permette, seppur in numero limitato, degli investimenti in infrastrutture per il gas in diversi Stati membri.
Eva Lindstrom, magistrato della Corte dei Conti europea responsabile della relazione, ha infatti affermato: “le attività non sostenibili sono ancora troppo redditizie. La Commissione ha fatto molto per rendere trasparente questa insostenibilità, ma il problema di fondo deve essere ancora affrontato”.
Nessuna classificazione per gli investimenti verdi
La Commissione si è anche impegnata a classificare le attività sostenibili attraverso una tassonomia degli investimenti verdi, elaborata da un team di esperti e introdotta con un regolamento entrato in vigore già a luglio del 2020.
Affinché un intervento venga considerato eco-sostenibile, questo non deve danneggiare gli altri, mentre deve rispettare le clausole di salvaguardia sociale e apportare un contributo significativo ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali, ossia:
- protezione degli ecosistemi;
- transizione verso un’economia circolare;
- mitigazione dei cambiamenti climatici;
- uso sostenibile delle acqua;
- adattamento ai cambiamenti climatici;
- prevenzione e riduzione dell’inquinamento.
Il sistema di classificazione ha subito però molti ritardi, infatti ad oggi, settembre 2021, non risulta ancora essere pienamente operativo. La Corte dei Conti ha poi evidenziato come solo la Bei (la Banca europea degli investimenti) e lo strumento europeo InvestEu controllino la sostenibilità degli investimenti, basandosi su criteri ambientali e sociali, mentre tantissimi altri programmi finanziati con fondi pubblici non hanno alcun obbligo di attenersi a norme precise.
Tra questi, infatti, risulta il Fondo per la ripresa. Inoltre, secondo i magistrati che hanno stilato il documento, moltissimi dei criteri utilizzati per valutare emonitorare il contributo del bilancio dell’Ue agli obiettivi climatici non sono rigorosi né scientificamente fondati.
Bei: servono più investimenti verdi in Est Europa
Pur avendo riconosciuto l’impegno della Bei nello sviluppo della finanza sostenibile, La Corte dei Conti ha evidenziato che i fondi erogati tra il 2015 e il 2020 per progetti verdi nell’ambito del Feis (il Fondo europeo per gli investimenti strategici) sono stati indirizzati principalmente verso l’Europa Occidentale, escludendo quindi quella Centrale e Orientale, che invece rappresentano proprio le aree che ne hanno maggior bisogno.
In tutto, gli investimenti nei progetti a sostegno del clima e dell’ambiente rappresentano solo il 23% dei finanziamenti Feis totali in questa regione, rispetto al 52% nell’Europa occidentale e settentrionale, e al 37% nell’Europa meridionale.
Manca una certificazione verde attendibile dei prodotti finanziari verdi
Per fronteggiare il problema dei prodotti finanziari commercializzati come “verdi” e “sostenibili“, nonostante questi causino ingenti danni all’ambiente (fenomeno noto come greenwashing), la Commissione ha proposto l’introduzione di norme e marchi a livello dell’Unione Europea, per stabilire quali siano davvero sostenibili.
Nonostante ciò, secondo il rapporto, ancora oggi gli investitori non dispongono di indici attendibili di basse emissioni di CO2 e altri gas inquinanti che, ad esempio, forniscano loro informazioni precise sui rendimenti degli investimenti, allineati all’Accordo di Parigi.
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