Cresce l’impazienza per il report che verrà pubblicato a febbraio 2022 da parte dell’IPCC (Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico), ossia il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici nato in seno alle Nazioni Unite.
Il report verrà quindi pubblicato a sette anni dall’ultimo, il quale venne rilasciato nel 2015, proprio l’anno in cui si strinse l’accordo sul Clima di Parigi. Ora, con il nuovo documento, verranno proposte nuove strategie per raggiungimento dell’obiettivo delle zero emissioni.
Secondo alcune indiscrezioni, il documento conterrebbe una lista riguardante tutti gli impatti irreversibili del cambiamento climatico con cui la generazione di questi ultimi anni dovrà fare i conti tra qualche decennio. Con molte probabilità, infatti, tra 30 anni la vita non sarà la stessa di adesso.
Saranno infatti sempre più comuni episodi di carenza d’acqua, di caldo estremo e di diffusione di numerose malattie. Secondo l’IPCC queste sono solo alcune delle conseguenze più gravi che decenni di inquinamento hanno contribuito a provocare, e purtroppo si parla di eventi inevitabili nel breve termine.
Infatti lo stesso gruppo ha sottolineato che, per quanto elevato possa essere il tasso di riduzione delle emissioni di gas serra nell’ambiente, l’impatto sul riscaldamento globale, con un aumento della temperatura superiore agli 1,5 gradi centigradi, sarà ben evidente entro il 2030.
Queste indiscrezioni sul report stilato da IPCC sono emerse a pochi mesi dalla COP26 (Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che quest’anno si terrà a Glasgow, dopo circa un anno di decisioni politiche adottate nel disperato tentativo di salvare il Pianeta e di puntare alle zero emissioni entro il 2030.
Quindi a che punto siamo arrivati? Purtroppo, guardando le decisioni prese sino ad ora per i mercati finanziari in tema di ambiente un obiettivo di questo calibro non può in alcun modo essere raggiunto entro i prossimi 9 anni ma, semmai, entro il 2050.
Quali sono gli obiettivi prefissati per cercare di salvare il Pianeta?
Vediamo quali sono i principali obiettivi che i vari Paesi del mondo si sono posti per rimediare a ciò che sembra ormai irrecuperabile.
L’Ue, con il suo piano Green Deal pubblicato lo scorso anno (a gennaio 2020), punta a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Inoltre il progetto prevede una sensibile riduzione delle emissioni di gas serra nell’ambiente già entro il 2030, passando dall’attuale 40% ad un minimo del 50% e ad un massimo del 55%.
Questo piano dovrebbe essere realizzato mediante lo stanziamento di fondi e quindi spingendo sugli investimenti, nel settore pubblico e privato, per clima e ambiente. Secondo quanto affermato fino ad ora, la somma ammonterebbe a circa 260 miliardi di euro l’anno.
Un’ulteriore spinta in questa direzione è arrivata a luglio dell’anno corrente, attraverso la pubblicazione del piano Fit for 55. Si tratta infatti della direttiva attraverso la quale la Commissione europea ha deciso di spingere ulteriormente sulla transizione energetica e della mobilità.
Dopo l’elezione dell’attuale presidente Joe Biden, a novembre 2020, gli Stati Uniti sono rientrati nell’Accordo di Parigi e già ad aprile 2021 è stato lanciato l’American Jobs Plan, il quale punta principalmente sulla produzione di energia pulita.
Il maxi-piano chiede lo stanziamento di un’elevatissima cifra, si parla infatti di 2.000 miliardi di dollari, e coinvolge diversi settori, tra cui quello delle infrastrutture, della mobilità e del lavoro, sempre con l’obiettivo di cercare di mitigare gli effetti del riscaldamento globale.
Il punto di forza del piano proposto dal governo statunitense è il Clean Electricity Standard, attraverso il quale il presidente Joe Biden pensa di poter decarbonizzare l’energia elettrica americana già entro il 2035. In questo modo il governo porterebbe gli Usa verso la neutralità climatica entro il 2050, come previsto dall’Accordo.
La Cina di Xi Jinping, invece, a settembre 2020 ha annunciato di voler raggiungere la neutralità climatica entro il 2060 ed il picco di carbonio entro il 2030. Così facendo, quindi, il primo Paese inquinatore al mondo ha deciso di allinearsi alle politiche ambientali più ambiziose adottate anche da altre nazioni.
La grande assente, per il momento, è l’India, che risulta essere il terzo Paese al mondo per emissioni annuali di gas serra. Secondo quanto riferito da fonti locali, infatti, si sta ancora lavorando alla realizzazione di un piano che possa permettere di raggiungere le zero emissioni entro il 2050 e di rivoluzionare l’intero Paese sia dal punto di vista tecnologico che energetico.
Nel 2015 l’India aveva infatti annunciato di voler ridurre le proprie emissioni del 33-35% entro il 2030 rispetto ai livelli registrati nel 2005. Tuttavia, l’unica vera iniziativa “green” adottata dal Paese è stata l’enorme spinta alla mobilità elettrica che è avvenuta qui molto prima che in moltissimi altri Paesi industrializzati.
L’analisi dei programmi di decarbonizzazione presentati dalle varie nazioni e la valutazione della loro credibilità è di estrema importanza per poter indirizzare gli investimenti. Solo così, infatti, è possibile puntare verso Paesi e aziende che stanno realmente contribuendo al cambamento radicale dell’economia mondiale.
Alcune idee di investimento
La COP26 che si terrà a novembre 2021 è dunque decisiva per stabilire quale sarà il destino climatico dell’intero Pianeta. Inoltre, dal punto di vista finanziario, il tema del “climate change” risulta essere il più importante nell’ambito degli investimenti ESG ed è anche quello che conta il maggior numero di fondi specializzati stanziati, che si sono impegnati nella gestione del rischio climatico.
Ma ora vediamo quali sono i punti chiave da tenere bene a mente per la costruzione di un portafoglio a tema clima. Secondo un’analisi condotta da Schroders, i prezzi delle aziende dei settori maggiormente legati al tema del clima, come ad esempio quelli delle energie alternative, sono aumentati notevolmente negli ultimi anni, e proprio per questo motivo è necessario selezionare con estrema attenzione gli investimenti azionari con le prostettive migliori.
Inoltre, sempre secondo Schroders, per la costruzione di un buon portafoglio azionario climatico occorre guardare principalmente alle aziende che presentano un vantaggio competitivo chiaro e sostenibile, e i migliori settori su cui investire saranno quindi quelli in cui resterà abbastanza elevato il numero di competitor.
Secondo Thomas Leys, investment manager di Aberdeen Standard Investments, per poter realmente raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni, gli investitori devo smetterla di concentrarsi esclusivamente sulle emissioni attuali, ma devono invece cercare di tracciare una traiettoria di quelle che saranno le emissioni future e lavorare su quella.
Leys ha infatti affermato che eliminare definitivamente dal proprio portafoglio le società responsabili di elevate emissioni di CO2 nell’atmosfera può produrre buoni risultati nell’immediato, ma preclude l’accesso a determinati settori e spesso non porta ad una riduzione delle emissioni nel mondo reale.
Per poter investire sul cambiamento climatico con la massima diversificazione di portafoglio possibile, Online Sim offre la possibilitò di investire in un portafoglio modello sul cambiamento climatico, il quale presenta un rendimento annuo del 22,81% (da dati aggiornati a luglio 2021) e inoltre è stato costruito in collaborazione con Main Street Partners, la boutique finanziaria inglese specializzata in ESG.
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