In questi giorni AstraZeneca ha aggiornato i dati sullo studio del vaccino inviato agli Stati Uniti. L’azienda ha affermato che il suo vaccino, sviluppato in collaborazione con l’Università di Oxford, è efficace al 76% nel prevenire l’insorgenza di sintomi in caso di infezione da Covid-19, correggendo quindi il dato del 79% fornito precedentemente.
Dopo aver pubblicato i risultati di fase 3, infatti, l’Istituto di sanità statunitense (Nih) aveva emesso una nota in cui affermava che i dati erano vecchi e dunque dovevano essere aggiornati. L’azienda poi, non del tutto nuova a errori di comunicazioni e pasticci mediatici, aveva risposto che questi sarebbero arrivati nel giro di 48 ore.
Mene Pangalos, capo della ricerca di AstraZeneca, ha poi dichiarato che le informazioni aggiornate “confermano che il nostro vaccino è altamente efficace negli adulti, compresi quelli di età pari o superiore a 65 anni”, sottolineando che ora la società attende con impazienza “il lancio di milioni di dosi in tutta l’America“.
Lo studio condotto non è però ultimato, quindi potrebbero ancora essere registrati altri casi di Covid-19. Proprio per questo la società ha già affermato che altri 14 possibili casi sono già all’esame e questo non farebbe altro che portare a un’ulteriore modifica dei dati appena forniti.
AstraZeneca intende chiedere l’autorizzazione del vaccino alla FDA (Food and Drugs Administration) già nel giro delle prossime settimane. Sarà poi la stessa FDA a discutere pubblicamente tutti i dati raccolti assieme ai propri consulenti esterni e a prendere infine una decisione a riguardo.
Appena un giorno prima, un gruppo indipendente che sovrintende allo studio aveva mosso delle accuse verso il colosso anglo-svedese per aver omesso alcuni casi di Covid-19 verificatisi durante lo studio. In genere le controversie riguardanti i dati durante degli studio in corso restano riservato, ma in questo caso il National Institutes of Health ha pubblicamente invitato AstraZeneca a corregge l’ “errore”.
L’azienda infatti contava su di uno studio condotto prevalentemente statunitense, condotto su circa 32mila persone per cercare di ricostruire la fiducia nel proprio prodotto che, sebbene il largo utilizzo che ne viene fatto nel Regno Unito, in Europa ha avuto un percorso abbastanza travagliato.
Diversi studi condotti recentemente, infatti, hanno dimostrato delle incongruenze circa l’efficacia del siero (il riferimento è fatto alla sperimentazione di due dosi e poi di una dose e mezza) e proprio la scorsa settimana numerosi casi di coaguli di sangue hanno portato diversi Paesi membri a sospendere momentaneamente le somministrazioni del prodotto.
Il professore Anthony Fauci, massimo esperto di malattie infettive degli Stati Uniti e direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, lo scorso mercoledì ha dichiarato ad alcuni giornalisti che sperava che non appena i dati raccolti fossero stati esaminati pubblicamente dagli enti regolatori, questi avrebbero consentito di dissipare ogni dubbio, e in più ha predetto che il farmaco prodotto da Oxford-AstraZeneca “si sarebbe rivelato un buon vaccino“.
Gli ultimi dati raccolti dall’azienda si basano su 190 casi di positività al Covid-19 verificatisi durante lo studio, 49 in più rispetto a quelli dichiarati a inizio settimana. Il siero si è dimostrato particolarmante efficace nel prevenire le forme più gravi della malattia legata all’infezione da coronavirus, infatti non sono state riportate malattie gravi o ricoveri tra i volontari vaccinati che hanno partecipato allo studio, contro 8 casi gravi registrati invece nel gruppo di soggetti che aveva ricevuto la dose placebo.
Le autorità europee avevano invece messo in discussione l’efficacia del campione negli anziani. Tuttavia, nell’ultimo studio condotto emerge che il vaccino risulta efficace all’85% nei volontari vaccinati con età pari o superiore a 65 anni. Inoltre, stando a quanto affermato dalla stessa azienda, lo studio non ha evidenziato alcun problema di scurezza.
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