Dopo l’annuncio di Germania e Francia, anche l’Italia ha deciso di sospendere momentaneamente le somministrazioni del vaccino AstraZeneca in attesa di verificare se effettivamente vi sia o meno una correlazione tra l’inoculazione delle dosi e i decessi registrati in questi mesi.

Un’ipotesi, discussa poi anche da alcuni ricercatori italiani atraverso uno scambio di tweet, è che un’eventuale correlazione possa essere possibile a causa del fenomeno Ade (Antibody-dependent Enhancement). Questo si verifica quando gli anticorpi di un paziente, anziché andare a neutralizzare il virus, lo aiutano a replicarsi con velocità maggiore, facendo quindi aggravare in maniera estremamente rapida il caso clinico del soggetto vaccinato.

Il fenomeno Ade è stato confermato con il virus Dengue ed è stato osservato anche per molti altri virus, come il morbillo e il Sars-1, ma non nel Sars-CoV-2, perché questo coronavirus non riesce a sfruttare gli anticorpi a proprio vantaggio. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma e membro del Cts, ha spiegato che “l’Ade è molto discussa sul piano scientifico ma poco documentata nella popolazione”.

Cassone: “l’autopsia può dare risposte”

Anche la rivista scientifica Nature ha escluso questa pima ipotesi, ma bisogna tener conto anche del fatto che l’Ade presenta un secondo meccanismo d’azione, attraverso il quale si vengono a creare degli “immunocomplessi anticorpo-virus“. Questi si comportano come dei veri e propri mattoncini che finiscono col legarsi tra di loro. Non riuscendo ad essere espulsi dal nostro organismo, questi immunocomplessi si vanno ad accumulare in tessuti e vasi sanguigni, creando criticità.

Se il vaccino sia in grado di dare vita a questa reazione è da verificare con esami specifici. Antonio Cassone, direttore del reparto di Malattie Infettive del’ISS e membro dell’American Academy of Microbiology, ha affermato che “un’autopsia può dare risposta a questa domanda, perché così il fenomeno Ade verrebbe notato”.

“Va subito detto che non è stato registrato alcun decesso nelle fasi sperimentali dei vaccini (approvati dall’Ema), correlati a questo meccanismo”. Tuttavia in questo momento critico è giusto e necessario valutare tutte le ipotesi.

Non c’è mai stata una vaccinazione di massa con vaccini di nuova concezione (genici) che, eccetto una brevissima esperienza con un costrutto adenovirale anti-Ebola, non erano mai stati usati nell’uomo, per cui ogni cautela è dovuta. Nelle fasi finali delle sperimentazioni cliniche si arrivava a 30-60mila persone, ma possono sfuggire eventi molto rari che si manifestano quando i vaccini sono usati su larga scala, e di cui si deve comunque tenere conto. E’ giusto indagare ogni ipotesi, in questo momento è fondamentale il ruolo della farmacovigilanza“.

Fare il sierologico prima del vaccino può essere utile?

Il direttore scientifico dello Spallanzani ha puntualizzato che “nessuno prevede di fare il test sierologico prima del vaccino”, infatti il test sierologico per rilevare gli anticorpi Sars-CoV-2 (che serve quindi per sapere se abbiamo o meno avuto il Covid) non è raccomandato prima della vaccinazione né in Europa né negli Stati Uniti.

Anche Antonella Viola sostiene che “non è necessario fare il sierologico. I dati indicano che chi ha avuto il Covid non corre alcun rischio a vaccinarsi, anzi, la vaccinazione migliora il titolo anticorpale e consente una migliore neutralizzazione nei confronti delle varianti“.

Il direttore di Infettivologia dell’ospedale di Alessandria, Guido Chichino, invece, da tempo afferma che “la vaccinazione è inutile in persone che hanno avuto il Covid in maniera clinicamente significativa, o che perlomeno possa essere rinviata dopo approfonditi studi. Questi soggetti hanno una reazione immunitaria più “vivace” alla somministrazione del vaccino, più con AstraZeneca che con Pfizer. Chi ha anticorpi per infezione pregressa può presentare una sindrome simil infettiva/influenzale per alcuni giorni. Questo fenomeno ce lo aspettavamo perché è tutto legato al vettore, cioè un adenovirus modificato, ma è anche il motivo per il quale credo che il vaccino AstraZeneca possa essere più efficace di altri e non vada abbandonato”.

Il responsabile della sicurezza dei vaccini dell’agenzia regolatrice dei farmaci del Regno Unito (Mhra), Philip Bryan, ha precisato al Fattoquotidiano.it che gli studi clinici effettuati sia per il vaccino Pfizer, sia per quello AstraZeneca, comprendevano gruppi di soggetti con anticorpi Covid al momento della vaccinazione e dai dati ottenuti non è stato riscontrato un rischio di effetti collaterali diverso in queste persone.

“La nostra revisione inoltre non ha rivelato alcun problema di sicurezza particolare in quelli con infezione precedente”. Alcuni ricercatori continuano però a sottolineare l’importanza di un test sierologico, come Alessandro Santin, direttore dello Swillow Center di Yale University.

Io personalmente richiedo il sierologico per i miei pazienti e faccio anche ulteriori test inclusi i marker di infiammazione vascolare prima di consigliare il vaccino agli individui con un provato precedente con il Covid, dato che la maggioranza di quelli che hanno superato l’infezione in modo asintomatico possono ancora avere il virus nascosto nell’organismo (in particolare nella parete dei vasi sanguigni, polmoni, intestino, cuore e cervello)”.

“Quanto però ti vaccini, il sistema immunitario si attiva e comincia ad attaccare il virus negli organi in cui è nascoso e questo può causare, in parte dei soggetti, potenziali reazioni avverse, persino più gravi rispetto a chi non ha mai avuto il Covid. Se attacca i vasi dove il virus persiste può causare trombosi e emorragie, se attacca il cuore può causare infarti, se attacca le piastrine i pazienti sviluppano inizialmente piccoli arrossamenti della cute, e poi se non trattati anche delle gravi emorragie cerebrali, che sono poi le principali ragioni per le quali alcune tra le persone vaccinate possono diventare sintomatiche e potenzialmente morire dopo ore o giorni dalla somministrazione pur essendo perfettamente sane prima del vaccino”.

Nessuna delle case farmaceutiche – ha aggiunto infine Santin – ha presentato dati sulla sicurezza del loro vaccino in questi individui (ossia i soggetti che sono già entrati in contatto con il virus e nei quali con molte probabilità si annidano ancora piccole quantità di virus), che oggi sono purtroppo un numero significativo, e questo ha fatto impaurire le autorità sanitarie di molti Paesi”.

Sirs, sindrome da risposta infiammatoria sistemica da vaccino

Stando alla pubblicazione di The Lancet, un altro fenomeno che merita particolare attenzione è la Sirs, ossia “sindrome da risposta infiammatoria sistemica“, che viene attivata dal vaccino. Una paziente con una storia clinica di ipertensione e diabete ha accusato sintomi 24 ore dopo la somministrazione, denunciando frequenti cadute e cedimento delle gambe, tutto risolto poi dopo circa 3 giorni attraverso un trattamento con antibiotici.

La Sirs presenta diversi livelli di intensità. Antonio Cassone ha infatti affermato che questa “è assai sfuggente dal punto di vista dei meccanismi fini immunologici, fermo restando che si tratta di una fortissima immunoattivazione”.

Antonella Viola, immunologa dell’Università di Padova, sostiene cha le Sirs viene definita attraverso la presenza, nel quadro clinico del paziente, di alcuni elementi particolari, tra cui febbre superiore ai 38 gradi, tachicardia, difficoltà respiratorie e alterazioni dei neutrofili, ossia dei globuli bianchi che per primi intervengono nella lotta al virus.

“La Sirs dipende da una forte attivazione del sistema immunitario e quindi può verificarsi in seguito alla vaccinazione. I vaccini che stiamo usando possono causare febbre, anche molto alta, per la forte attivazione immunitaria”. Ma anche qui è necessario considerare i numeri, infatti Giuseppe Ippolito afferma che i casi di Sirs sono una assolutà rarità, “al contrario sono associati ad eventi infettivi e costituiscono una fase della sepsi“.

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