Il Covid continua ancora a diffondersi e a mietere vittime in tutto il mondo e la preoccupazione continua a crescere a cause delle varianti rilevate in diversi Paesi, come ad esempio la variante inglese, ma come se tutto ciò non bastasse, ora arriva un nuovo allarme da parte dell’Oms per un altro virus che si sta diffondendo in alcune regioni dell’India.
Già da tempo molti esperti affermano che le pandemie che potrebbero svilpparsi nei prossimi anni sono numerose e per questo motivo le autorità sanitarie continuano a ribadire l’importanza di preparare adeguati piani strategici da attuare in casi di emergenza. Nonostante ciò, però, alcune pandemie sono già tra noi.
Infatti non c’è solo l’influenza aviaria, che ormai è arrivata anche in alcune regioni nel sud della Francia, con tutti i suoi differenti ceppi a preoccupare la comunità scientifica. Da giugno 2020 molti esperti stanno allertando le autorità sanitarie mondiali a causa di un virus (già noto) che ha iniziato a diffondersi nuovamente in India.
Si tratta del virus Nipah che nel 1998 era già comparso in Malesia e che secondo alcune analisi sembra provenire dai pipistrelli della frutta. Lo scorso giugno l’Oms aveva avvertito le autorità sanitarie di una nuova epidemia in India, Paese in cui si è verificato il numero maggiore di contagi negli ultimi anni, assieme al Bangladesh.
I ricercatori ritengono che il notevole numero di casi sia dovuto ad avvelenamenti causati dal consumo di succo di palma da dattero, enormemente utilizzato in entrambi i Paesi, e i cui alberi offrono rifugio a numerosi pipistrelli.
Come si diffonde il virus?
L’infezione da Nipah, che la stessa Oms ha classificato come malattia prioritaria per il suo piano di ricerca e sviluppo, è una malattia zoonotica, cioè viene trasmessa dagli animali all’uomo e la diffusione può avvenire sia tramite alimenti contaminati, sia da persona a persona.
Nonostante ad oggi siano noti solo pochi focolai legati al virus Nipah in Asia, questo è in grado di infettare un vastissimo numero di animali e di causare gravi malattie o addirittura la morte nell’uomo.
L’epidemia del 1998
Durante la prima epidemia che colpì Singapore, registrata nel 1998, il maggior numero di contagi era dovuto al contatto delle persone con suoini malati o con loro tessuti contaminati. Dunque alla fine si è ipotizzato che la trasmissione fosse avvenuta a causa dell’esposizione non protetta alle secrezioni dei suini, oppure a causa del contatto non protetto con alcuni tessuti dell’animale malato.
Nelle epidemie successive, registrate in Bangladesh e in India, invece, si ipotizza che la trasmissione fosse dovuta al consumo di frutta o prodotti a base di frutta, come ad esempio il succo di palma da dattero crudo, contaminati da saliva o urine di pipistrelli della frutta infetti.
India: epidemia del 2018
L’epidemia registrata nel 2018 era localizzata principalmente in due distretti dello Stato del Kerala, ossia Kozhikode e Malappuram. Il 19 maggio 2018 erano stati segnalati ben 3 decessi dovuti all’infezione da Nipah (NiV) nel distretto Kozhikode. Il 17 luglio, invece, erano stati segnalati 19 casi totali, di cui 17 deceduti.
A partire dal 1 giugno, però, non venne segnalato più alcun nuovo contagio e infine dal 30 luglio la trasmissione interumana del virus Nipah è stata finalmente controllata nello Stato del Kerala. I pazienti infetti presentavano sindrome da stress respiratorio acuto ed encefalite.
Si trattò della prima epidemia da Nipah diffusa nello Stato del Kerala e della terza ad essersi verificata in India. Le due precedenti, infatti, avevano avuto luogo nello Stato del Bengala nel 2001 e poi ancora nel 2007.
Quali sono i sintomi?
Questo virus, NiV, può causare malattie molto gravi in alcuni animali, come ad esempio i maiali, con conseguenti perdite economiche per tutti gli agricoltori. Inoltre, nell’uomo, l’infezione può provocare diversi disturbi, anche gravi, come difficoltà respiratorie acute, convulsioni o encefalite fetale.
I soggetti positivi inizialmente sviluppano sintomi come febbre, mal di testa, mialgia, vomito e mal di gola. In seguito possono subentrare vertigini, sonnolenza, alterazione dello stato di coscienza e segni neurologici che indicano un’encefalite acuta.
In alcuni casi, dei soggetti infetti hanno anche sviluppato una polmonite atipica e diversi problemi respiratori, incluso distress respiratorio acuto. Sintomi come convulsioni ed encefalite sono stati registrati solo nei casi più gravi, con una rapida progressione che porta al coma nel giro di 24-48 ore.
La maggior parte delle persone riesce a rimettersi completamente, anche se in alcuni dei casi più gravi i soggetti possono presentare delle condizioni neurologiche residue dopo l’encefalite acuta. Sono anche stati registrati dei casi di ricaduta.
Contagiosità e mortalità del virus Nipah
L’aspetto più preoccupante di questo virus è sicuramente legato all’alto tasso di mortalità, che è compreso tra il 40 e il 75%, oltre che al suo livello molto elevato di contagiosità, che però può variare notevolmente a seconda delle aree colpite, della loro sorveglianza e gestione.
E’ stato stabilito che il periodo di incubazione del virus va dai 4 ai 14 giorni, ma in alcuni casi si è visto che questo può arrivare anche a 45 giorni. La trasmissione da uomo a uomo, come già riportato, è possibile, infatti sono stati segnalati casi di trasmissione tra familiari o tra pazienti infetti e operatori sanitari.
Gli esperti sostengono che questo virus sia in grado di danneggiare gravemente il cervello, arrecando così permanenti danni a livello neurologico nel paziente. Proprio per questo motivo, l’Oms ha raccomandato una terapia intensiva di supporto per il trattamento di gravi complicanze respiratorie e neurologiche.
In che modo si combatte o si previene il virus Nipah?
L’unica “rassicurazione”, per quanto sia difficile da affermare con certezza in questi casi, è legata al fatto che questo è un virus molto localizzato, quindi la diffusione in altri continenti è molto difficile, anche se l’allerta continua a restare massima.
Per il momento non sono ancora stati sviluppati farmaci o vaccini in grado di contrastare l’azione del virus. L’infezione però può essere prevenuta evitando l’esposizione, nelle aree endemiche, a pipistrelli o a suini malati, oppure evitando di avere il minimo contatto con frutta che possa sembrare già mangiucchiata da pipistrelli, oppure ancora evitando di bere succo di palma da dattero crudo o qualsiasi bevanda che lo contenga.
Il rischio di trasmissione in altri continenti può invece essere prevenuto lavando accuratamente la frutta e sbucciarla prima di consumarla. Inoltre la frutta con un qualsiasi segno di morso che possa essere ricondotto a un pipistrello dovrebbe essere scartata.
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