Il Presidente uscente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha finalmente firmato un pacchetto di spesa e misure fiscali da circa 1.400 miliardi di dollari, assieme agli aiuti da 900 miliardi di dollari all’occupazione e contro il coronavirus, approvati in queste settimane dal Congresso.

La cifra complessiva quindi ammonta a circa 2.300 miliardi di dollari, tra i quali però risultano anche 35 miliardi destinati alle energie rinnovabili e alla lotta ai cambiamenti climatici.

Volendo riassumere in poche righe, le misure “verdi” adottate prevedono:

  • una proroga degli incentivi fiscali per il fotovoltaico e per l’eolico;
  • lo stanziamento di nuovi fondi destinati alla ricerca e allo sviluppo;
  • l’apertura di terreni pubblici per le rinnovabili;
  • l’adozione di importanti misure contro alcune tipologie di gas serra.

Invece non è previsto alcun provvedimento per allargare le detrazioni fiscali anche ai sistemi di accumulo, per introdurre una carbon tax, per fornire rimborsi diretti o implementare altri standard sull’energia pulita.

Nonostante la spesa e le agevolazioni per la tecnologia verde ammontino a circa il 4% dell’intero pacchetto anti-Covid firmato dal Presidente e all’1,5% delle due misure messe assieme, nel loro complesso queste rappresentano l’azione più significativa svolta dal Congresso degli Stati Uniti per il riscaldamento globale in più di un decennio.

I gruppi ambientalisti e tutto il settore delle rinnovabili hanno ben accolto l’accordo bipartisan del Congresso. Per siccome non hanno ottenuto pienamente ciò che avevano chiesto, si sono già attivati per chiedere il sostegno della nuova amministrazione entrante Biden-Harris e dei legistatori di tutti e due i partiti, al fine di ottenere maggiori misure a favore delle rinnovabili e del clima.

I gas serra

La parte più importante di entrambe le misure riguarda la lotta contro il rapido e costante aumento delle temperature globali, e consiste nell’obbligo per tutte le aziende USA di ridurre dell’85% la produzione e l’utilizzo di HFC, ossia idrofluorocarburi, entro i prossimi 15 anni.

Gli HFC, che sono dei gas utilizzati comunemente nei sistemi di condizionamento e nei frigoriferi, erano stati pensati come un’alternativa sicura ai CFC, ossia clorofluorocarburi, sostanze che si è scoperto riducono lo strato di ozono e contro cui è già stata fatta una battaglia anni fa.

Nel corso degli anni, però, si è scoperto che gli HFC sono dalle 1.000 alle 3.000 volte più potenti dell’anidride carbonica nell’intrappolare calore nell’atmosfera terrestre. E nonostante ciò attualmente resta il gas ad effetto serra che continua a crescere maggiormente nel mondo.

Gli HFC sono regolati dall’Emendamento di Kigali a livello mondiale. Si tratta di un aggiornamento del 2016 del Protocollo di Montreal che riguarda la protezione dell’ozono, emanato verso la fine degli anni ’80. Sebbene molti Paesi abbiano deciso di impegnarsi a ridurre le emissioni di HFC dell’85% entro il 2050, rettificando quindi l’emendamento, i maggiori produttori di questo gas, come USA, India e Cina, ancora non hanno sottoscritto nessun accordo che ne preveda una riduzione.

Il disegno di legge del Congresso che il Presidente uscente Trump ha appena firmato, quindi, potrebbe rappresentare un vero e proprio punto di svolta. David Doniger, direttore del Natural Resources Defense Council a Grist, ha affermato: “ci sono tutte le ragioni per aspettarsi che l’emendamento di Kigali venga approvato dal Senato senza troppe polemiche. Ciò dovrebbe sbloccare la ratifica da parte di altri grandi Paesi”.

Secondo un recente studio, inoltre, la graduale eliminazione degli HFC dall’atmosfera eviterebbe un ulteriore aumento di 0,5°C della temperatura globale, un’impresa non da poco dato che questa è già aumentata di 1,2°C rispetto ai livelli pre-industriali.

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