Negli ultimi anni, gli effetti sull’ambiente e sulla vita dell’uomo stesso, legati alle elevate concentrazioni di CO2 emessa ogni anno a causa del notevole consumo di combustibili fossili, non fanno che aumentare. Se poi si considerano le stime secondo le quali il consumo di energia a livello mondiale è destinato a crescere per i prossimi 10 anni, lo scenario è presto delineato.
Tuttavia, se si guarda la situazione attuale sotto un differente punto di vista, la CO2 emessa può essere addirittura considerata come un asset. Infatti esistono (o sono in fase di sviluppo e miglioramento) delle tecnologie che consentono di convertire questo gas in combustibili solari o in sostanze chimiche principalmente di interesse industriale.
Una recente analisi condotta dai ricercatori dell’Harbin Institute of Technology – Cina ha analizzato lo stato dell’arte delle diverse tecnologie di conversione.
Assieme ai tradizionali processi termici, sono ora in fase di sviluppo delle tecnologie innovative basate su processi biochimici, fotochimici, elettrochimici, al plasma e termochimici solari. Tuttavia tutte queste tecnologie devono affrontare non poche sfide per la loro applicazione pratica.
Tra queste, la trasformazione fotochimica della CO2 sembra essere una tecnologia emergente, soprattutto per la produzione di etanolo, ma per poter essere inserita in commercio occorre ridurre il numero di passaggi durante il laborioso processo di produzione.
Anche la riduzione elettrochimica della CO2 sembra essere una tecnologia promettente e per regolare al meglio la resa di questo processo il catalizzatore riveste un ruolo di primaria importanza.
Per quanto riguarda la tecnologia biochimica per la conversione della CO2, invece, sono state individuate diverse specie di microrganismi che contribuiscono in maniera efficiente a questo processo di conversione. Inoltre, sempre in questo ambito, occorre ricordare che molti organismi possono essere modificati geneticamente per conferire loro delle particolari proprietà, utili per aumentare ancora una volta la resa e l’efficienza del processo.
La tecnologia al plasma si basa invece sull’utilizzo di plasma freddo e di quello termico (considerato l’opzione migliore per il reforming CH4 – CO2) per effettuare la conversione.
Infine vi è la tecnologia solare termochimica, la quale ha subito notevoli sviluppi e si appresta ad essere un processo di promettente applicazione dei sistemi solari a concentrazione.
L’energia solare concentrata, infatti, può essere sfruttata per effettuare contemporaneamente la generazione di energia e la riduzione di CO2 e H2O in CO e H2 (idrogeno molecolare). Inoltre, elaborando ulteriormente il syngas, si potrebbero produrre dei combustibili solari liquidi e ciò gioverebbe all’accelerzaione della transizione energetica, in quanto si potrebbero continuare a sfruttare le infrastrutture esistenti e quindi non richiederebbe un completo cambiamento di paradigma del sistema energetico nell’immediato.
Perché la CO2 possa essere ridotta, è richiesto calore ad elevate temperature in modo da consentire l’esecuzione di reazioni altamente endotermiche. Si potrebbero raggiungere tali temperature attraverso i sistemi solari a concentrazione, utilizzando l’intero spettro solare della radiazione e fornendo così un ambiente termodinamicamente adatto alla produzione di combustibili solari.
L’anidride carbonica può essere ridotta attraverso diversi processi termochimici solari. Senza dubbio il sistema più rapido ed efficiente è quello basato sull’utilizzo diretto della luce solare, in quanto non richiede nessuna energia aggiuntiva.
In alternativa a questo metodo ve ne sono poi altri due, ossia la conversione termica e la conversione quantistica. Nel primo di questi, prima viene assorbita la radiazione solare e successivamente viene estratto il lavoro.
Nel secondo metodo, invece, l’estrazione del lavoro viene effettuata assieme assorbimento della radiazione, poiché avviene ad opera del semiconduttore o di qualsiasi altro materiale utilizzato per assorbire appunto la luce.
I cicli termochimici hanno comunque la capacità di raggiungere una maggiore efficienza rispetto ai metodi che necessitano di un vettore energetico o che utilizzano solo una minima porzione dello spettro solare.
I cicli termochimici infatti consistono in una serie di reazioni chimiche che decompongono CO2 e H2O per generare CO (monossido di carbonio) e H2 (idrogeno) a temperature molto più basse (800-2100 K) rispetto a quelle richieste dai cicli di termolisi.
Per quanto riguarda i processi solari termochimici, poi, la maggiore attenzione viene posta nello sviluppo dei reattori solari, che costituiscono i componenti di maggiore importanza. Infatti le velocità e l’efficienza del ciclo vengono enormemente limitate da eventuali perdite termiche nel reattore, poiché ciò si traduce in uno scarso trasferimento di calore radiativo e conduttivo attraverso le strutture degli ossidi.
Oltre che allo sviluppo di reattori affidabili e performanti, ora la ricerca sta concentrando la sua attenzione sullo studio del comportamento degli ossidi metallici soggetti ad alte temperature durante i cicli di ossido-riduzione.
Infatti vi sono molti problemi di base che devono ancora essere risolti e per i quali si cerca di trovare una soluzione efficiente, come quelli legati alla chimica delle superfici, al trasporto dell’ossigeno, ai metodi di produzione dei materiali e all’impatto del ciclo termochimico sui componenti e sui cambiamenti strutturali.
In sostanza, nonostante sia termodinamicamente favorevole convertire la CO2 emessa ogni anno, la possibilità che queste tecnologie trovino sbocco sul mercato dipende dall’efficienza di conversione del processo compessivo, che per il momento resta limitata a valori prossimi al 10%.
Per questo motivo diventa fondamentale la ricerca di materiali abbondanti sulla Terra che possano essere lavorati a temperature molto più basse e che consentano di aumentare la resa di questi processi.
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