Il Giappone si sta preparando a versare in mare un’enorme quantità di acqua contaminata da radiazioni proveniente dalla centrale nucleare di Fukushima, che a quanto riportano i media locali sarebbe ormai totalmente distrutta.

Da parecchi anni si discute e si cerca di trovare la migliore strategia possibile per smaltire in maniera sicura questi liquidi, tra i quali rientrano anche le acque utilizzate per raffreddare la centrale nucleare che è stata completamente spazzata via dal violento tsunami del 2011.

Un sisma di magnitudo 9, seguito da un forte tsunami, provocò l’incidente che portò al surriscaldamento del combustibile nucleare della centrale, seguito dalla fusione del nocciolo, esplosioni di idrogeno e conseguenti emissioni di radiazioni.

La situazione è molto delicata, infatti sono sorte parecchie proteste, soprattutto da parte di lavoratori locali, tra cui i pescatori, e anche degli ambientalisti. Nonostante ciò, gli scienziati continuano a ripetere che in caso di rilascio nell’oceano, il rischio di contaminazione conseguente sarebbe comunque molto basso.

Quindi il Giappone potrebbe sul serio riversare in mare oltre un milione di tonnellate di acqua contaminata, la quale è stata però già sottoposta a diversi processi di filtraggio che hanno contribuito a ridurre di parecchio la carica radioattiva.

E’ stato rivelato che la procedura dovrebbe essere avviata già a partire dal 2022, ma al momento il governo nipponico non ha ancora rivelato nulla, e ciò lascia pensare che non sia stata presa ancora nessuna decisione definitiva a riguardo.

Secondo il Yomiuri Shimbun, un giornale giapponese, il processo di depurazione dei liquidi prevede di diluirli attraverso un sofisticato impiato prima di riversarli in acqua, e ciò consentirebbe di ridurne la concentrazione di almeno 40 volte rispetto a quella attuale.

In tutto potrebbero volerci circa 30 anni per smaltire tutti i liquidi radioattivi accumulati. Attualmente non si hanno conferme o smentite, ma l’agenzia di stampa di Kyodo ha fatto sapere che potrebbero esserci delle novità in arrivo già a fine mese.

La necessità di smaltire in tempi brevi questi rifiuti è data dall’esaurimento degli spazi che li contengono, poiché i liquidi vengono accumulati in delle cisterne (attualmente sono stati riempiti 1.044 serbatoi) dove confluiscono anche l’acqua di falda e quella piovana, che si infiltra quotidianamente.

Attualmente si stima che tutte le cisterne verranno riempite entro il 2022, ed ecco perché occorre iniziare subito lo smaltimento. Inoltre la maggior parte degli isotopi radioattivi contenuti in questi liquidi è stata rimossa grazie a dei laboriosi processi di filtrazione, ma non è stato possibile eliminare il trizio, isotopo radioativo dell’idrogeno.

Tra le ipotesi per lo smaltimento del materiale vi sono quella dell’evaporazione nell’atmosfera o il trasporto in altri appositi serbatoi e container, ma quella più accreditata sembra quella dello sversamento in mare.

Proteste degli ambientalisti

Anche Hiroshi Kajiyama, il ministro dell’Industria giapponese, nel corso di una conferenza stampa ha ribadito che non è stata presa nessuna decisione definitiva in merito, ma che entro fine mese si potrebbe già sapere qualcosa in più: “per evitare ritardi nel processo di disattivazione dobbiamo prendere una decisione in tempi brevi“, ha infatti affermato.

Intanto, già da parecchio tempo sono partite le proteste di ambientalisti e lavoratori locali che si oppongono a questa metodica. Secondo loro, quella dello sversamento in mare delle acque contaminate proposta dal governo non è la soluzione migliore per risolvere il problema.

I pescatori locali, maggiormente preoccupati dalla notizia, sostengono infatti che così facendo i consumatori potrebbero rifiutarsi di acquistare i prodotti della regione perché ritenuti anch’essi contaminati. Inoltre, assieme a lavoratori e ambientalisti anche la Corea del Sud si è schierata al fianco della popolazione e si è detta preoccupata all’idea che tonnellate di liquido contaminato vengano riversate nell’oceano.

Dall’altro lato però, gli scienziati continuano a ribadire che l’acqua versata si diluirà in maniera estremamente rapida nell’oceano e sottolinenano che il trizio, l’unico isotopo che non è stato possibile eliminare, è un elemento che comporta un bassissimo rischio per la salute dell’uomo.

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