Come da programma, il Recovery plan doveva essere principalmente incentrato su scuola, sanità e sfida ai cambiamenti climatici, ma ora rischia di trasformarsi in un piano per la competitività del sistema produttivo, armi comprese.

Il 16 settembre il Governo italiano ha dettato quelle che dovrebbero essere le linee guida del progetto e i sei obiettivi da raggiungere, che riguardano:

  • digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo;
  • rivoluzione verde e transizione ecologica;
  • infrastrutture per la mobilità;
  • istruzione, formazione, ricerca e cultura;
  • equità sociale, di genere e territoriale;
  • salute.

Scorrendo i 557 progetti candidati dai vari ministeri alla selezione per il finanziamento europeo, ci si può facilmente rendere conto che agli ultimi tre obiettivi non viene data la stessa “attenzione” rivolta invece ai primi della lista.

La lista presentata, come ha commentato lo stesso ministro Enzo Amendola, include “ipotesi già ampiamente superate”, ma che esprimono comunque quali sono le intenzioni delle diverse amministrazioni.

Dato che solo alcuni di questi progetti, circa un terzo, potranno essere presentati alla Corte di Bruxelles, vi sono ancora possibili cambi di programma. La lista complessiva, inoltre, ammonta a 677 miliardi, contro i 209 a disposizione dell’Italia.

Si spera quindi che i cambiamenti possano avvenire nella direzione indicata da Ursula Von der Leyen per far ripartire l’Europa, concentrandosi maggiormente su sanità, digitale e clima. Inoltre va ricordato che il 37% dei fondi del Recovery fund è vincolato all’utilizzo di strategie e politiche verdi.

Nella lista, l’attenzione viene catturata principalmente dai piani del ministero dello Sviluppo Economico, il quale propone progetti per un totale di 221 miliardi di euro, poi rivisti e scesi a 153 miliardi nelle schede inviate dal MiSE al Dipartimento Politiche europee il 27 agosto.

Gli altri ministri hanno invece proposto progetti per un investimento complessivo parecchio inferiore. Il ministro dell’Istruzione, ad esempio, ha proposto progetti che si fermano a meno di 27 miliardi, quelli del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ne richiedono meno di 30 e quelli del Ministero della Salute sfiorano i 64 miliardi.

Questa disuguaglianza viene riscontrata anche nell’utilizzo di parole chiave come “scuola”, “Covid”, “sociale” e “cambiamenti climatici”, ripetute ben poche volte rispetto alla parola “sostenibile”.

Un fatto davvero eclatante infatti riguarda il Ministero dello Sviluppo Economico, il quale ha classificato sotto l’etichetta “industria sostenibile” la sua richiesta di potenziare “la filiera industriale aerospaziale e della difesa”, compresi ovviamente anche i veivoli d’attacco.

Il ministero dello Sviluppo economico ha quindi chiesto 25 miliardi, poi ridotti a 12,5 nel documento rivisionato e presentato il 27 agosto, per “consentire al comparto un salto tecnologico nella ricerca, nell’innovazione e nella costruzione di piattaforme duali ad elevatissime prestazioni, con ridotto impatto ambientale, totale sicurezza cyberg ed innovazione digitale: elicotteri di nuova generazione FVL, aerei di sesta generazione, tecnologia sottomarina avanzata, tecnologia unmanned intersettoriale, I.A., navi”.

In altre parole, questi fondi verrebbero utilizzati per l’acquisto di: cacciabombardieri multiruolo TEMPEST, sottomarini U-212 NFS, nuove unità anfibie, nuovi caccia torpediniere ed elicotteri di nuova generazione FVL, che, come specificato, saranno “una sorta di F-35 ad ala rotante“.

Quindi se già era difficile mandare giù l’acquisto dei cacciabombardieri della Lockhead Martin e del fatto che quei fondi fossero stati spesi in quel mondo e non invece per far fronte alla crisi economica, ora si rischia di dover mandare giù un altro boccone amaro, ossia l’acquisto di questi nuovi modelli ad ala rotante.

Come se non bastasse, ciò dovrebbe avvenire proprio con i fondi del Recovery plan, parte dei quali verrebbe dirottata dal MiSE anche su Space Economy e tecnologie emergenti.

Un altro aspetto poco rassicurante è la comparsa nel documento di parole come “intelligenza artificiale” e “unmanned“, ossia senza equipaggio. Questi termini, inseriti in un contesto di difesa e sicurezza, possono anche riferirsi alla creazione di “killer robots“, ossia armi totalmente autonome in grado di uccidere un qualsiasi nemico senza il controllo umano.

Questa tecnologia ha destato parecchi dubbi e preoccupazioni tra all’Onu, che tra le Ong a tutela dei diritti umani, le quali si sono organizzate e hanno lanciato una campagna per fermare il progetto, chiamata “Stop Killer Robots“.

Anche il ministero della Difesa ha richiesto fondi per l’intelligenza artificiale, ma gli altri progetti riguardano la cybersicurezza, la digitalizzazione, il 5G, l’addestramento “sintetico”, lo spazio, l’energia pulita e la mobilità sostenibile.

Per il ministero della Difesa, infatti, la transizione green deve avvenire anche tramite l’acquisto di mezzi elettrici o ibridi, e tramite l’efficientamento energetico di reti e infrastrutture. Tuttavia dalla sede del ministero non è arrivata alcuna proposta che spieghi come affrontare l’avvento di una nuova pandemia o di eventi naturali che minano alla sicurezza delle persone.

A riguardo è stato presentato un solo progetto di deep learning che in periodo Covid, ad esempio, potrebbe “segnalare persone troppo vicine tra loro, assembramenti, ingresso in edifici di persone senza mascherina”. Il totale richiesto dal ministero della difesa ammonta quindi ad “appena” 15 miliardi di euro.

Chiara Campione, portavoce del progetto “Restart: le persone e il pianeta prima del profitto” di Greenpeace Italia, ha affermato: “Troviamo insensato che questi progetti concorrano ai fondi per la ripartenza quando gli ospedali rischiano nuovamente di riempirsi di malati di Covid-19 e tantissime scuole hanno iniziato le lezioni senza banchi o docenti“.

Secondo i dati resi noti dal ministero dell’Istruzione, il 17 settembre le cattedre rimaste scoperte erano ben 66.654. Il commissario Arcuri ha inoltre dichiarato che sono state consegnate oltre 94 milioni di mascherine chirurgiche alle scuole, per fronteggiare una popolazione di circa 8 milioni di studenti, ma che gli istituti continuano comunque a lamentarsi di non averne a sufficienza.

Infine il commissario ha aggiunto che “entro fine ottobre consegneremo 2,4 milioni di nuovi banchi“, senza però pubblicare i dati sulle forniture.

“Con 12,5 miliardi, pari al costo per l’impegno annuale di circa 300mila insegnanti, potremmo finalmente risolvere alcuni dei problemi più urgenti della scuola italiana. Ma per il nostro Governo la priorità è produrre elicotteri e aerei di attacco“, ha concluso Campione.

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