Il lungo periodo di lockdown in Italia ha avuto conseguenze positive sull’ambiente, ma i “progressi” fatti in quei mesi sono già stati azzerati dalla riapertura delle attività. Uno studio condotto dal CREA ha rivelato che le emissioni di gas inquinanti erano state ridotte del 27% durante il blocco.

Nei mesi di marzo e aprile la quantità registrata di diossido di azoto, uno dei principali gas inquinanti, era diminuita del 10% nel Nord Italia.

Questo dato però non è legato esclusivamente al nostro Paese, bensì a tutto il mondo. Infatti in quei mesi è stato registrato un significativo calo dell’inquinamento atmosferico in tutti i Paesi.

A Jalandhar, ad esempio, città dell’India settentrionale ad alta densità di popolazione, in primavera è stato addirittura possibile vedere la catena dell’Himalaya da circa 160 km di distanza. Un evento che non accadeva da decenni a causa dell’inquinamento prodotto dalla città.

Come facilmente prevedibile, gli effetti benefici registrati nei primi mesi dell’anno non sono durati poi molto. Dal momento in cui le attività hanno ripreso a lavorare a pieni ritmi, le persone, per raggiungere i propri posti di lavoro, hanno spesso optato per l’utilizzo della propria vettura piuttosto che dei mezzi pubblici.

Si è trattato di una scelta fatta per il timore di nuovi possibili contagi, ma ciò, secondo alcuni dati riportati da un’azienda che si occupa di tecnologia per le geolocalizzazioni, non ha fatto altro che contribuire al ritorno del traffico agli stessi livelli registrati prima della quarantena.

La giornalista Rosamund Pearce in un Tweet ha infatti affermato: “Non ci sono più cieli puliti: il livello di inquinamento dell’aria sta ritornando ai livelli pre-Covid“.

Uno studio condotto dal CREA, Centre for Research on Energy and Clean Air, ha analizzato la presenza di diossido di azoto nell’aria di 12 grandi città. Tra queste sono state esaminate Roma, New Delhi, Parigi e Londra.

Durante lo studio effettuato per valutare appunto l’entità delle variazioni di emissioni nell’aria, è stato stilato un modello per ogni città che tenesse conto delle tipiche condizioni atmosferiche dei singoli posti.

L’utilizzo di un modello unico per tutte le città è stato escluso perché ognuna di esse presenta un clima differente, e nel determinare la quantità di gas presenti nell’aria, è di fondamentale importanza far riferimento a eventi climatici come piogge o forti venti.

Dai risultati di questo studio sono emersi dati davvero incredibili, infatti è stato osservato che dopo soli 10 giorni dall’inizio del lockdown, il livello di gas inquinanti nell’aria era diminuito del 27% rispetto ai dati registrati nello stesso periodo in anni precedenti, e in particolare tra il 2017 e il 2019.

Dopo il mese di aprile però, quindi proprio nel periodo delle prime riaperture (18 maggio), è stato registrato un repentino aumento delle emissioni, che sono arrivate a sfiorare gli stessi livelli registrati a febbraio.

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