Le microplastiche sono piccoli pezzi di rifiuti di plastica, della grandezza di circa 5 millimetri, e sono considerate “inquinanti idrici invisibili” a causa delle loro dimensioni, spesso microscopiche.
E’ purtroppo estremamente facile arrivare alla formazione di questi frammenti, poiché col passare del tempo rifiuti in plastica, vestiti e tessuti possono degradarsi e rompersi, portando così alla loro diffusione negli oceani.
Persino le Maldive, da sempre sinonimo di acque limpide e cristalline, hanno registrato un aumento dell’inquinamento da microplastiche, che oltre a riflettersi sull’immagine della zona, può danneggiare la fauna marina del posto.
Infatti la quantità di microplastiche registrata nelle acque delle Maldive è una delle più alte al mondo. I dati sono stati registrati dagli scienziati marini dell’Università di Flinders e pubblicati sulla rivista Science of the Total Environment, e da questi è emerso che i microrifiuti sono onnipresenti nell’ambiente marino.
Toby Patti, studente della Flinders University e ricercatore capo, ha affermato: “La concentrazione di microplastiche trovate su Naifaru nelle Maldive (55-1127,5 microplastiche/kg) era maggiore di quelle precedentemente trovate in un sito altamente popolato a Tamil Nadu, India (3-611 microplastiche/kg), ed era una concentrazione simile a quelle trovate su isole abitate e disabitate altrove nelle Maldive (197-822 particelle/kg)”.
Gli alti livelli registrati possono essere dovuti alle correnti oceaniche che trasportano rifiuti dai Pesi limitrofi dell’Oceano Indiano, come ad esempio l’India, ma anche dalla scarsa fognatura e dai sistemi di acque reflue delle Maldive.
La Professoressa Karen Burke Da Silva ha affermato che anche le “isole della spazzatura“, utilizzate proprio come discariche di rifiuti, non giovano alla situazione, anzi contribuiscono ad aumentare la concentrazione di microplastica attorno all’isola.
La Professoressa ha infatti sostenuto che “le attuali pratiche di gestione dei rifiuti alle Maldive non riescono a tenere il passo con la crescita della popolazione e il ritmo di sviluppo. La piccola nazione insulare deve affrontare diverse sfide per quanto riguarda i sistemi di gestione dei rifiuti e ha visto un aumento del 58% dei rifiuti generati pro capite sulle isole locali nell’ultimo decennio”.
Infine ha aggiunto che “Senza un aumento significativo della riduzione dei rifiuti e rapidi miglioramenti nella gestione di questi, le piccole comunità insulari continueranno a generare alti livelli di inquinamento da microplastica negli ambienti marini, con un potenziale impatto negativo sulla salute dell’ecosistema, degli organismi marini e delle comunità insulari locali”.
Al momento il livello di preoccupazione è molto elevato, infatti diversi ricercatori stanno esaminando il contenuto dello stomaco di alcuni pesci per vedere se questi hanno le pance piene di rifiuti.
Piogge di microplastiche nelle riserve degli USA
Oltre al fenomeno dell’inquinamento dei mari di tutto il mondo, da recenti studi è emerso che le microplastiche possono “viaggiare” e inquinare territori diversi anche attraverso la pioggia!
Tramite delle analisi sono state scoperte delle aree degli USA in cui sono state registrate più di 1.000 tonnellate di microplastiche cadute con le piogge ogni anno.
Questo episodio, per quanto incredibile ed allarmante al tempo stesso, non stupisce del tutto gli esperti, secondo i quali ormai le microplastiche possono essere trovate “in quasi tutti gli ecosistemi del pianeta“.
Secondo uno studio delle particelle rilevate in questa zona, è emerso che solo il 25% del totale proviene da città limitrofe, mentre la restate parte è stata trasportata dal vento a partire da distanze molto più remote.
Per effettuare questo studio, i ricercatori hanno raccolto campioni sia di acqua che di aria per 14 mesi, in modo da calcolare la quantità di microplastiche portata dalla pioggia ogni anno. Nel 98% dei 339 campioni raccolti sono stati registrati residui di plastiche.
Le 1.000 tonnellate di microplastiche che cadono ogni anno con le piogge equivalgono a 120 milioni di bottiglie di plastica.
Janice Brahney, autrice dello studio, ha affermato: “Lo abbiamo calcolato solamente per le eree protette ad ovest, che rappresentano solo il 6% degli USA. Il risultato era così grande, è sconvolgente. […] Le plastiche possono depositarsi, rientrare nell’atmosfera, essere trasportate per un certo lasso di tempo, depositarsi nuovamente e poi essere raccolte. E chi lo sa per quanto tempo e quanta distanza hanno viaggiato”.
Attualmente non è stato accertato quali siano le conseguenze su animali e piante. “Le conseguenze sull’ecosistema non sono ancora note ma sono inevitabili nell’immediato futuro. Per limitare i potenziali danni all’ambiente è necessaria una scala e una cooperazione a livello globale“.
Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento.
Non offriamo alcun tipo di consulenza finanziaria. L’articolo ha uno scopo soltanto informativo e alcuni contenuti sono Comunicati Stampa
scritti direttamente dai nostri Clienti.
I lettori sono tenuti pertanto a effettuare le proprie ricerche per verificare l’aggiornamento dei dati.
Questo sito NON è responsabile, direttamente o indirettamente, per qualsivoglia danno o perdita, reale o presunta,
causata dall'utilizzo di qualunque contenuto o servizio menzionato sul sito https://www.borsainside.com.