Già dal 16 agosto, dopo la stretta del Ministero della Salute per chi arriva da Grecia, Malta, Spagna e Croazia, a Fiumicino si stanno utilizzano i test “antigenici”, detti anche salivari.
Si tratta di un metodo innovativo che consente di avere esiti rapidi; costeranno meno dei tamponi effettuati attualmente, sono affidabili all’85% e permettono di avere risultati immediati, senza bisogno di analizzare il campione in laboratorio.
Sarà infatti sufficiente prelevare un campione di materiale oro-faringeo o di saliva e nel giro di 30 minuti si avrà il risultato. Grazie a questo sono stati autorizzati già a inizio maggio negli Stati Uniti.
Secondo Massimo Galli, infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano, “sono il futuro” e grazie ad essi “tutto sarà più veloce e meno gravoso dal punto di vista organizzativo per le Regioni”.
Sarebbero infatti un’ottima soluzione per non rischiare di farsi trovare impreparati in caso di un nuovo aumento dei contagi, che anzi già si sta verificando in questi giorni.
Anche Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani, ha affermato: “sarebbe assolutamente utile poter usare questo tampone rapido nei pronto soccorso, nelle scuole, nella grande distribuzione, lì dove c’è grande affluenza“.
Secondo quanto riportato da Ilfattoquotidiano.it, ne sarebbero già stati ordinati 130mila pezzi dal commissario all’emergenza Domenico Arcuri a ferragosto, su richiesta urgente del ministero della Salute.
Cosa sono i test antigenici e come funzionano
Fino ad ora, i tipi di test effettuati per diagnosticare un’infezione da coronavirus sono due: i test molecolari, e i test sierologici.
I primi, detti anche di reazione a catena della polimerasi, rilevano il materiale genetico del virus e secondo l’Oms sono i più sicuri da utilizzare, ma i tempi di attesa per i risultati sono lunghi, di circa 1-2 giorni. Inoltre occorrono sofisticati e costosi laboratori di virologia per poter analizzare il campione.
I test sierologici puntano invece a rintracciare eventuali anticorpi presenti nell’organismo, i quali possono indicare sia un’infezione in atto, sia una risposta immunitaria attiva a causa di un precedente incontro con il virus. Anche questi prevedono lunghi periodi di attesa prima di conoscere l’esito e richiedono un’analisi approfondita.
Inoltre in commercio possiamo trovare i “pungidito“, che rientrano sempre nella categoria dei test sierologici ma che non vengono più utilizzati per diagnosticare infezioni da Covid19 perché non ritenuti affidabili.
I nuovi test antigenigi invece sono basati sul rilevamento di antigeni (proteine virali) nelle secrezioni respiratorie.
Il principio alla base è quello “di affinità“, cioè vengono utilizzati dei kit che presentano degli anticorpi legati sulla superficie. Gli anticorpi sono in grado di legare gli antigeni virali, quindi se questi ultimi sono presenti in quantità sufficientemente elevata, avverrà il legame e sullo strumento utilizzato compariranno delle bande colorate o fluorescenti.
Il risultato può essere quindi ottenuto in tempi estremamente rapidi e senza l’ausilio di macchinari da laboratorio. In alcuni casi però, è necessario qualche strumento, ma si tratta comunque di piccole apparecchiature portatili.
Il punto più importante resta quello dell’efficacia. Nel documento varato dall’Iss sul contagio a scuola, si può leggere che i test antigenici hanno “una sensibilità nel migliore dei casi non superiore all’85%“.
Per quanto riguarda la specificità di legame, invece, i valori sono buoni poiché si è visto che gli anticorpi utilizzati legano solamente antigeni derivanti da Sars-Cov2.
Per ora vi è una piccola percentuale di falsi negativi registrati e di cui bisogna tenere conto. Nel caso in cui il tampone risultasse positivo poi, l’iter da seguire sarebbe sempre lo stesso: test molecolare (come come già detto è il più affidabile) per il risultato definitivo e quarantena fino a doppio tampone negativo.
Per quanto riguarda il nuovo anno scolastico, non è ancora certo se i test antigenici verranno utilizzati o meno, ma diversi esperti hanno affermato che è in corso una continua ricerca per migliorare la loro performance e sensibilità.
Infatti sostengono: “La disponibilità di questi test dopo opportuna validazione potrà rappresentare un essenziale contributo nel controllo della trasmissione di Sars-Cov2“.
Utilizzo dei test antigenici e prezzo
In attesa che i test vengano approvati e utilizzati nelle scuole, un primo lotto è stato consegnato agli aeroporti italiani.
Alcuni membri dello staff del commissario all’emergenza Arcuri hanno rivelato che a richiedere l’acquisto di queste dosi sia stato Gianni Rezza, Direttore generale della Prevenzione Sanitaria del ministero della Salute.
L’unica a fornire questi dispositivi è un’azienda coreana, ma sono in corso molte altre sperimentazioni in tutto il mondo e persino in Italia, dove l’Università di Insubria ha promesso di lanciare sul mercato il proprio test già entro metà settembre.
Si pensa inoltre, che grazie all’arrivo di concorrenza sul mercato, i prezzi dei test possano abbassarsi. Stando a quando riferito al Fatto.it, l’Italia avrebbe acquistato la fornitura a un prezzo di favore, che va dai 10,50 ai 12,00 euro al pezzo.
Come è possibile notare, il prezzo supera quello di un test molecolare, ma occorre ricordare tutti i vantaggi che quest’ultimo non offre: non è infatti richiesto l’impiego di laboratori, con conseguente spesa sui trasporti, né di personale specializzato.
Inoltre l’intenzione del commissario sembra proprio quella di continuare ad acquistare altre forniture.
Possibili applicazioni dei nuovi test, dagli ospedali alle scuole
Innanzitutto occorre precisare che l’idea non è quella di utilizzare i nuovi test antigenici come sostituto dei tamponi classici, ma di usarli per effettuare un primo screening. Ad esempio, come sostiene l’Iss, potrebbero essere utilizzati “presso gli studi dei pediatri e dei medici di famiglia“.
Il direttore dello Spallanzani ha poi affermato, in un’intervista a SkyTg24, che “scoprire con i test rapidi che vi sono persone con un’elevata carica virale è un atto di sanità pubblica veramente rilevante”.
Su questo punto inoltre esprime un parere piuttosto rigido: “Dobbiamo riaprire traffici aerei nazionali e internazionali, ma in condizioni di sicurezza: se mi imbarco devo essere certo che tutti coloro che sono con me sono negativi. Il modo per esserlo è associare al biglietto il tampone“.
Infine Vaia ipotizza che i nuovi test possono essere utilizzati anche in supermercati, scuole e persino negli ospedali.
La validità dei test è stata confermata anche da Maria Capobianchi, la stessa ricercatrice che lo scorso febbraio, con la sua equipe, è riuscita ad isolare il virus.
Il primo a sottolineare l’estrema validità ed importanza di questi test è stato il professore della Statale Galli, che al Fatto.it spiega: “esistono diverse tipologie di test rapido (o di antigeni o di materiale genetico virale), molti dei quali vengono utilizzati in Cina già da diverso tempo. Il vantaggio è che sarà possibile identificare subito le nuove infezioni, intervenire con tempestività e, per quanto riguarda i rientri dall’estero, creare il minor disturbo ai cittadini”.
Secondo Galli infatti il problema maggiore in questa fase della pandemia resta uno: i pochi tamponi effettuati. In questo si dice totalmente d’accordo con il collega Crisanti, che chiede 300mila tamponi al giorno.
In particolare chiede come mai il numero di tamponi effettuati resti così “basso” nonostante l’aumento di casi registrato in questi giorni. “Bisogna interrogarsi sulla capacità organizzativa delle istituzioni e sulla portata di questa problematica”.
Si tratta però di un problema che potrebbe riguardare anche i nuovi test antigenici dato che, stando sempre alle sue dichiarazioni, “tutto il mondo vorrà procurarseli“. Rischio che potrebbe implicare anche una carenza delle sostanze reagenti, come già avvenuto nei mesi scorsi.
Altri vantaggi dei test antigenici
Rispetto ai “pungidito“, ad esempio, la cosiddetta “fase finestra“, ossia quella in cui il virus non è ancora rilevabile, è ancora più breve. Infatti, così come per i tamponi molecolari classici, i test antigenici non sono in grado di rilevare tracce del virus solo se il soggetto è stato contagiato da pochi giorni, a causa della bassa concentrazione di particelle virali presenti nell’organismo.
Tutti i sierologici, invece, necessitano di almeno 10 giorni dopo la manifestazione dei sintomi per poter rilevare gli anticorpi. Ma questo è un dato ovvio, dato che il nostro organismo necessita di parecchi giorni prima di poter attivare la risposta immunitaria acquisita e cominciare quindi a produrre linfociti contro il virus.
Infine Galli conclude ribadendo che i nuovi dispositivi non verranno in alcun modo utilizzati come sostituti dei precedenti, e afferma: “Ogni strumento ha comunque una sua utilità in diversi contesti, a seconda dell’obiettivo che si vuole perseguire”.
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