Una posizione sicuramente più rassicurante, quella che continua ad assumere il professor Alberto Zangrillo, primario di anestesia e rianimazione e della terapia intensiva del San Raffaele di Milano. Dopo aver combattuto in prima linea contro il Covid-19 nell’ospedale lombardo, Zangrillo non smette di dare il suo contributo, in questo caso fornendoci un quadro diverso della situazione.
Mentre il governatore del Veneto, Luca Zaia firma una nuova ordinanza per tentare di meglio contenere la diffusione del contagio, per quanto si tratti al momento di un totale di sì e no 30 positivi su 5 milioni di abitanti, il professor Zangrillo ricorda che in Italia il virus non è più così ‘cattivo’.
“Tutti i virus circolano, a maggior ragione questo” dice il professore “sta circolando negli Stati Uniti e in Italia nei focolai, ma qui circola in modo ‘benigno’. In questo momento in Italia ha esaurito la sua forza letale, perché sta facendo quello che fanno tutti i virus, cioè adattarsi al suo ospite. Probabilmente nella sua evoluzione adattiva sta anche modificando alcune sue caratteristiche”.
“Questo non vuol dire che sia mutato” precisa però Zangrillo “ma qualcosa sta accadendo a livello delle proteine di superficie del virus: le stesse modificazioni che lo rendevano molto letale tre mesi fa, adesso lo rendono meno aggressivo”.
La situazione insomma non sarebbe così allarmante come verrebbe da pensare ascoltando le notizie che riguardano i nuovi focolai. Ci sono nuovi casi di contagio, è vero, provenienti peraltro da Paesi extra Ue per la maggior parte, ma soprattutto si tratta quasi sempre di persone che non mostrano sintomi.
Infatti, nell’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, il professor Zangrillo spiega che: “la capacità del virus di produrre malattia è uniformemente scomparsa nel contesto nazionale. È un’evidenza delle cartelle cliniche”.
Quanto ai provvedimenti varati fino ad oggi per affrontare l’emergenza sanitaria, per il professore hanno funzionato. “Il lockdown, il distanziamento e le mascherine sono misure che hanno sicuramente contribuito ad abbassare la carica virale, ma si è ridotta anche la forza letale del virus, perché la correlazione tra carica virale e capacità di produrre malattia (anche grave) è dimostrata”.
Seconda ondata? Per Zangrillo “50% di possibilità che il virus se ne vada”
E per quel che riguarda la possibilità di una seconda ondata di contagio? Nonostante non sia affatto facile prevedere cosa succederà da qui ad un paio di mesi, così come non era possibile prevedere che a febbraio sarebbe scoppiata la pandemia, sono poche le voci fuori dal coro di quelli che affermano che il coronavirus tornerà ad ottobre.
Sembra che la seconda ondata sia data per certa, più o meno come si davano per certi 151 mila ricoverati in terapia intensiva a giugno mentre invece sono stati meno di 300, o come quando si affermava che gli effetti della movida, i comportamenti “criminali” degli “irresponsabili” li avremmo visti a metà giugno con l’inevitabile incremento dei casi che però poi non c’è stato.
Il professor Zangrillo in effetti non si sbilancia “tutti dicono che siamo alla fine della prima ondata e attendono l’arrivo della seconda, io credo invece che il virus si possa fermare qua“. Insomma se per gli altri le probabilità di ritorno del virus sono alte, per Zangrillo sono tante quante quelle che il virus se ne vada.
Afferma di essere ancora “un inguaribile ottimista” il professore, e poi spiega di essere convinto che ci sia “il 50% di possibilità che il coronavirus se ne vada. Se così non fosse, quel che temo di più è aver perso tempo a organizzare strutture e infrastrutture invece di rimettere in equilibrio il rapporto tra l’ospedale e il territorio”.
“Chi lavora sul territorio e in prima linea negli ospedali deve pretendere che gli ammalati vengano ricoverati subito perché, in assenza di una terapia specifica, le cure che abbiamo devono essere adottate con tempestività” spiega ancora Zangrillo.
La situazione del contagio negli Usa
Ma negli Stati Uniti cosa sta accadendo esattamente? Il primario del San Raffaele spiega che “il virus circola soprattutto tra i giovani, perché l’età media si è abbassata. Aumentano le ospedalizzazioni perché il fenomeno di elevata contagiosità porta comunque a sviluppo di malattie delle prime vie aeree che devono essere tempestivamente monitorate e curate”.
“Ma il fatto che non sia ancora aumentata la letalità è perché probabilmente anche lì il virus, pur dotato di alta contagiosità, non è in grado di produrre quella virulenza che portava sempre a malattia grave. Se per caso la curva dei decessi iniziasse a risalire, bisognerebbe riconsiderare l’ipotesi”.
Cosa sta accadendo in Italia?
In Italia invece? “Tutti coloro che entrano in ospedale vengono sottoposti a tampone, quindi c’è una coorte di potenziali nuovi positivi dovuta a questo screening” spiega il professor Zangrillo “poi ci sono i controlli casuali e le situazioni che richiedono una particolare attenzione, come i mattatoi, o le aziende di logistica che favoriscono il lavoro in ambienti chiusi”.
Molti tamponi, molti controlli, molti casi insomma. O quantomeno “arrivare a zero casi è praticamente impossibile ora” spiega Zangrillo “perché il virus sta ancora circolando, ma possiamo riprendere le nostre attività perché abbiamo imparato come comportarci”.
E per quel che riguarda le contromisure pensate dal governatore del Veneto, Zaia fa bene, secondo il professore, a tentare di tenere sotto controllo i cluster, ad attivarsi affinché chi è sottoposto a quarantena fiduciaria rispetti la restrizione.
“È la base della prevenzione” dice il professore “oltretutto ho saputo dal governatore che si è trattato di un imprenditore che è andato in giro consapevole di non stare bene. Se si è aggravato, poi, dipende anche dalla carica virale che ha contratto in Serbia e che può essere più elevata di quella che circola in Italia“.
In Italia si muore ancora di Covid?
In fondo è proprio questo il nocciolo della questione. Si parla moltissimo dei nuovi casi di contagio, dei focolai di coronavirus, il che naturalmente spaventa molti Italiani che pensano che il coronavirus che circola in Italia adesso abbia la stessa letalità di marzo-aprile, quando invece non è affatto così.
Ed è ancora il professor Zangrillo a chiarire questo punto fondamentale. “Su questo c’è disinformazione” ha detto il primario senza giri di parole un paziente ricoverato adesso con scompenso cardiaco e trovato debolmente positivo al tampone per un contagio magari di tre mesi fa, se poi non ce la fa, viene etichettato come decesso Covid, ma questo non rispecchia la realtà. Ci stiamo scordando le altre cause di morte“.
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