La Corte dei Conti europea ha stilato la settimana scorsa un rapporto nel quale si prendono in esame le grandi opere che sono attualmente in corso d’opera nell’Ue, e ha quindi valutato anche il Treno ad Alta Velocità (TAV) Torino-Lione, che ha così animato il dibattito politico in Italia negli ultimi anni.

Un’opera che era ritenuta urgente qualcosa come 20 anni fa, e che non è mai stata completata, ma neppure iniziata di concreto, visto che l’unico scavo fatto nella montagna ad oggi è un tunnel esplorativo. Si tratta di un tratto lungo 4,5 km sul totale di 57 complessivi previsti dal progetto.

Si è parlato molto della questione costi-benefici del Tav, ma nonostante sia emerso con evidente chiarezza che l’opera non solo non produrrà alcun tipo di vantaggio per la collettività, ma addirittura rappresenterà al contempo uno spreco di risorse ed un enorme danno dal punto di vista dell’impatto ambientale.

Ad ogni modo, in Italia continuano ad esserci forti pressioni per portare avanti il progetto del Tav, ma nel frattempo a pronunciarsi contro la sua realizzazione è la stessa Corte dei Conti europea, che nel suo rapporto afferma: “dopo sette precedenti analisi costi-benefici congiunte con esiti positivi” il ministero delle Infrastrutture e Trasporti italiano ha prodotto una nuova valutazione nel 2018.

Tuttavia “tale valutazione” si legge nel rapporto “non è mai stata convalidata dalla Francia e la Commissione non è stata consultata”. Ora, stando all’analisi dei tecnici di Bruxelles, il valore netto dell’investimento si aggira tra i -6,1 e i -6,9 miliardi di euro. In parole povere significa che “ancora una volta i costi per le società sarebbero molto più alti dei benefici derivanti dalla costruzione”.

Quanto ai benefici, il rapporto stilato dalla Corte dei Conti europea, c’è il concreto rischio che anche quelli ambientali siano stati sovrastimati. “Il trasferimento modale è stato molto limitato in Europa negli ultimi 20 anni. Vi è un forte rischio che gli effetti positivi multimodali di molti progetti-faro siano sovrastimati” afferma la Corte dei Conti.

Si cita quindi la stima fatta nel 2012 dal gestore dell’infrastruttura francese nell’ambito della realizzazione del Tav, la cui costruzione, comprensiva delle relative linee di accesso, avrebbe generato 10 milioni di tonnellate di emissioni di CO2, con un beneficio netto in termini di emissioni a 25 anni dalla fine dei lavori.

Una stima che però è fin troppo ottimistica secondo la Corte dei Conti di Bruxelles, che invece fa notare che “se raggiungono solo la metà del livello previsto, occorreranno 50 anni dall’entrata in servizio dell’infrastruttura prima che le emissioni di Co2 prodotte dalla sua costruzione siano compensate”.

Per Hyperloop Italia il Tav è “un modello tecnologico non più sostenibile”

Secondo Luigi Gabriele, head director di Hyperloop Italia, il Tav è un progetto che nasce già obsoleto. “Stiamo parlando di un modello tecnologico che non è più sostenibile ma non perché costa troppo realizzarlo, ma perché in effetti le ferrovie, così come gli aerei, è impossibile che abbiano un ritorno degli investimenti effettuati”.

“E non è un caso che in qualsiasi Paese del mondo non ci sia un solo asset ferroviario che sia in profitto” dice ancora Gabriele “cosa fanno i Paesi: realizzano a spese dello Stato le infrastrutture, ovvero le ferrovie o come negli ultimi anni abbiamo assistito alla grande corsa per la costruzione dei treni ad Alta Velocità”.

Con tutti i limiti del caso, sottolinea ancora il capo di Hyperloop Italia, visto che i treni ad alta velocità “non possono superare i 450 km orari e in tutte le TAV del mondo non si superano i 300 km/h, perché ad una determinata velocità l’aria diventa plasma. Attraversare il plasma crea attrito e per superare l’attrito hai bisogno di più energia che equivale ad aumentare i costi“.

Quindi per quel che riguarda la convenienza dell’investimento, è d’aiuto guardare il quadro dell’attuale rete ferroviaria italiana. “Il motivo per cui in Italia paghiamo un biglietto per il treno Roma-Milano sui 70 euro e mai di meno, è perché al di sotto di quel prezzo non si puà fisicamente andare” spiegano dalla Hyperloop Italia.

Ma cosa si paga con quei 70 euro? In realtà non è compresa la rete ferroviaria. “Con quel prezzo paghi solamente la parte commerciale del biglietto, ovvero la bigliettazione, il personale del treno e così via” dice Luigi Gabriele, che specifica: “l’infrastruttura, ovvero il binario, la manutenzione, l’energia non la paghi nel biglietto ma la paghi con le tasse”.

“Di fatto l’infrtastruttura è a carico di Rete Ferroviaria Italiana, che è una struttura separata rispetto a Ferrovie dello Stato. RFI è interamente a carico del contribuente perché se non fosse così il biglietto del treno costerebbe 1.000 euro, quindi devono necessariamente scorporare le due cose”.

Il concetto insomma è chiaro “non possiamo continuare a utilizzare dei sistemi di trasporto che siano continuamente in perdita perché altrimenti il beneficio per la collettività non ci sarà mai: ed è per questo che abbiamo immaginato, sfruttando delle tecnologie già esistenti nuovi sistemi che rendano gli investimenti anche redditizi, al contrario di progetti come Il Tav” conclude l’head director di Hyperloop Italia.

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