In Italia l’andamento della pandemia di coronavirus è in una fase sicuramente positiva, sia per la notevole riduzione del numero dei casi attualmente positivi, che per l’andamento complessivo della curva di contagio, ma soprattutto per il numero dei decessi giornalieri che è notevolmente diminuito.

Di recente infatti, proprio a proposito della pericolosità del virus, ha rilasciato alcune dichiarazioni che hanno acceso il dibattito il primario del reparto di Anestesia e rianimazione generale del San Raffaele di Milano, il professor Alberto Zangrillo, affermando che il “virus, clinicamente non esiste più”. 

In questi giorni però si è iniziato a parlare molto dei nuovi focolai, come quello a sud di Pechino, che ha indotto il governo cinese a mettere in zona rossa circa 500 mila persone, e del preoccupante andamento della pandemia nel resto del mondo, con le città del sud America e della Russia, ma anche di India e Stati Uniti, che stanno affrontando probabilmente la peggior fase della pandemia.

Anche in Italia ci sono alcuni piccoli focolai, tra i quali quello di Mondragone in provincia di Caserta, del quale si è molto parlato soprattutto per l’innescarsi di una situazione di tensione tra i residenti di origine italiana e la comunità composta perlopiù da braccianti di origini bulgare, all’interno della quale sono stati accertati 43 dei 46 casi positivi.

Mondragone, un Paese di 28 mila abitanti è stato chiuso in zona rossa per precauzione, una volta accertata la presenza di 46 casi di coronavirus, tutti asintomatici. Ma questi focolai sono davvero così preoccupanti dal punto di vista sanitario da necessitare misure di contenimento così drastiche?

La risposta è arrivata ancora una volta dal professor Zangrillo, che ha spiegato che i recenti focolai in Italia “non hanno alcun significato”. “In Italia abbiamo una serie di focolai che vanno controllati e identificati ma non equivalgono al focolaio di malattia” ha detto il professore “ho parlato con Napoli, dove c’è stata la finale di Coppa Italia e la paura di assembramento e non c’è un malato al Cotugno o al Monaldi”.

Sembrerebbe quindi che i timori non siano poi così giustificati. Ma per capirlo basta guardare gli indicatori della pandemia, che secondo il primario “sono assolutamente favorevoli, il virus potrebbe esaurire il ciclo produttivo” e ancora, ha tenuto a sottolineare che “gli Italiani sono martoriati e disorientati” e che ora si deve ripartire. Per il professore “l’Italia è malata di inedia, ripartita solo per un terzo”.

Insomma nel corso della trasmissione Mezz’ora in più, davanti a Lucia Annunziata, Zangrillo ha spiegato per bene come stanno le cose, chiarendo anche che “il virus non è mutato, ma ha perso carica”.

Precisazioni che si dimostrano più che necessarie vista la facilità con cui il professore viene attaccato per le sue dichiarazioni. “Non è per essere faciloni o dire che non c’è il virus” spiega infatti Zangrillo “il virus c’è e non è mutato ma nella sua interazione con l’ospite è andato incontro, attraverso il fenomeno dell’omoplasia, a una perdita della carica rilevata in laboratorio, quindi è un’evidenza a cui corrisponde una mancanza di malattia“.

Quanto alla seconda ondata? Il professore ha spiegato: “non posso dire che non torni tra qualche mese ma tutti gli indicatori sono positivi”. Insomma nessuno ha la sfera di cristallo, ma se ci si deve basare sui dati, allora si può ben sperare.

“Il mio dovere è dura una parola di saggezza e verità agli Italiani” ha aggiunto ancora il primario “che come abbiamo visto sono stati martoriati da una serie di ragioni differenti e sono assolutamente disorientati e spaventati. Solo un terzo dell’Italia è veramente ripartita, ora dobbiamo ripartire con attenzione, seguendo le regole, altrimenti moriamo e non di Covid“.

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