Non è esattamente un buon momento, quello che la Russia di Putin sta attraversando, per una serie di motivi, primo su tutti il diffondersi a macchia d’olio del coronavirus, dopo che in una prima fase sembrava aver risparmiato i Russi.

All’emergenza sanitaria rappresentata dalla pandemia di Covid-19, alle conseguenze sull’economia russa delle misure restrittive adottate, al calo di popolarità del presidente mentre si avvicina il referendum costituzionale, si aggiunge ora un’altra bega per Vladimir Putin, quella del disastro ambientale che ha colpito le regioni a nord del circolo polare artico.

Infatti mentre il presidente Putin si sforza di far apparire la situazione come pienamente sotto controllo, ecco che a smentirlo arriva un nuovo disastro ambientale che peraltro gli viene taciuto per due giorni. La notizia di quanto accaduto in una centrale termo-elettrica trapela infatti attraverso i social, il che naturalmente indispone ulteriormente il presidente.

Il disastro è avvenuto il 29 maggio, e secondo quanto appurato dalla Commissione investigativa è stato causato da un calo di pressione in una centrale termo-elettrica di Norilsk, 300 km a nord del circolo polare, con oltre 20 mila tonnellate di combustibile diesel e lubrificanti che sono fuoriusciti da una cisterna, riversandosi perlopiù nel fiume Ambarnaja, e in parte nei terreni circostanti.

Circa 15 mila tonnellate di combustibile e lubrificanti sono finiti nel fiume, mettendo a rischio l’intera rete dei fiumi siberiani, e su come ciò sia potuto accadere sono state formulate alcune ipotesi. Si pensa che almeno in parte la causa sia stata lo scioglimento del permafrost della Siberia dovuto al riscaldamento globale, che in questa regione si sta manifestando in maniera particolarmente evidente.

I pilastri, non potendo più contare come appoggio stabile sulla terra ghiacciata, avrebbero alla fine ceduto, dopo aver resistito senza problemi per decenni, stando a quanto spiegato dai proprietari dell’impianto. Per sanificare il fiume ora serviranno decenni di opere di bonifica, e d’altra parte il danno è evidente, basta uno sguardo alle foto che stanno circolando sui social, in cui spiccano enormi chiazze viola e rosse.

Putin dichiara lo stato di emergenza

Il colosso minerario su cui poggia la regione, il Norlisk Nickel, che è il primo produttore al mondo di nickel e palladio, sta tentando di contenere il danno ambientale causato dall’incidente avvenuto presso al centrale termoelettrica, e nel frattempo il presidente Putin ha confermato la necessità di dichiarare lo stato di emergenza.

Quello che però lo ha urtato particolarmente pare sia il fatto che i proprietari dell’impianto NTEK, sussidiaria di Norilsk Nickel, non hanno reso noto l’accaduto, che è stato invece occultato finché la notizia non è trapelata attraverso i social media. Così, due giorni dopo l’incidente, ne sarebbero venuti a conoscenza le autorità locali ed il governatore di Krasnojarsk, Alexander Uss.

In videoconferenza il presidente Putin era visibilmente alterato per il modo in cui la cosa è stata gestita dai proprietari dell’impianto. “Perché le agenzie governative lo hanno scoperto solo due giorni dopo? Dobbiamo venire informati delle emergenze dai social media?” ha domandato Putin al responsabile di NTEK, Serghej Lipin.

Ora gli inquirenti stanno stabilendo le varie responsabilità in merito all’accaduto, mentre in diretta tv i vari interlocutori di Putin hanno dato il via ad una sorta di scaricabarile. Intanto il ministro Evghenij Zinichev, responsabile per la Protezione civile, ha annunciato che è già stato individuato il percorso da seguire per gestire le conseguenze del disastro ambientale.

“Penso che sia stata trovata la soluzione e la seguiremo” ha dichiarato il ministro, secondo quanto riportato dall’agenzia Ria Novosti, ma non sono trapelati ulteriori dettagli riguardanti l’approccio da adottare.

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