L’emergenza coronavirus in Italia porta con sé tutta una serie di conseguenze per il Paese, non solo in ambito economico quindi, ma persino sull’ambiente. La lotta all’usa e getta ha subito una pesante battuta di arresto con l’imposizione della mascherina obbligatoria in tutto il Paese, e in alcune Regioni anche solo per mettere il naso fuori dalla porta di casa.

Mascherine e spesso anche guanti usa e getta obbligatori per prevenire il rischio di contagio da Covid-19, e ora si parla di 450 mila tonnellate di rifiuti non riciclabili da smaltire. Un danno ambientale non da poco, e destinato a crescere peraltro, a meno che non si intervenga con nuove disposizioni o sui nuovi obblighi legati all’emergenza sanitaria, o sulle norme relative allo smaltimento dei rifiuti.

Si tratta di una questione di tutt’altro che facile soluzione, tra mascherine e guanti potenzialmente infetti da smaltire. Ma cominciamo dall’inizio: per gestire i rigiuti in questo periodo si deve scommettere necessariamente sull’uso, almeno in ambiti non professionali, di mascherine protettive lavabili e riutilizzabili.

Le mascherine usa e getta dovrebbero essere utilizzate solo in ambiti professionali, mentre per fare la spesa o andare a prendere un caffè al bar, giusto per fare un paio di esempi, sarebbe meglio se si puntasse più su prodotti lavabili appunto.

Se non si procede in questa direzione cosa potrebbe accadere? È semplice: si finisce ad affrontare una emergenza nell’emergenza, oltre all’emergenza economica che ormai non si può più evitare.

La prospettiva è stata evidenziata dallo stesso presidente dell’Istituto Superiore della Sanità, Silvio Busaferro, che davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha fatto il punto della questione, e sulla stessa linea si è pronunciata anche l’Unione Europea.

La Commissione Ue, secondo quanto riportato su IlFattoQuotidiano, “ha respinto le argomentazioni della European Plastics Converters (EuPC), l’associazione europea dei convertitori plastici, che chiedeva di posticipare le scadenze della direttiva 2019/904 (la SUP) per la messa al bando di alcuni articoli in plastica monouso”.

Vignaroli (Commissione Ecomafie), troppe “deroghe al deposito temporaneo dei rifiuti”

Intanto, il presidente della Commissione Ecomafie, Stefano Vignaroli, ha evidenziato un altro problema. “Mi preoccupano le deroghe al deposito temporaneo dei rifiuti disposte dall’articolo 113-bis della legge di conversione del decreto Cura-Italia: meglio sarebbe stato vararle per un tempo limitato. Così si lascia una pesante eredità al futuro”.

Con il decreto Cura Italia di fatto vengono modificati i limiti di tempo di permanenza dei rifiuti all’interno dei depositi temporanei, e vengono anche modificate le quantità consentite. I limiti sono stati in entrambi i casi aumentati, e la procedura non richiede alcuna autorizzazione per avviare questi rifiuti al processo di smaltimento o di recupero.

Il quantitativo massimo di rifiuti che possono essere stockati è stato raddoppiato con l’articolo 113 bis del decreto Cura Italia. Il limite è stato portato a 60 metri cubi (di cui al massimo 20 metri cubi di rifiuti pericolosi) per quel che riguarda le quantità, e fino a 18 mesi, mentre prima il limite di tempo prima era fissato a 1 anno.

A presentare una interrogazione al ministro per l’Ambiente, Sergio Costa, ci hanno pensato le senatrici di Liberi e Uguali, Loredana de Petris e Paola Nugnes, che hanno chiesto al ministro se fosse davvero necessario questo provvedimento, anche in considerazione del fatto che era stato proprio il ministro a dichiarare davanti alla Commissione Ecomafia che l’aumento non c’era stato.

“Non solo ha smentito questo aumento” fanno notare le senatrici di LeU “ma ha precisato che, da quando è stata dichiarata l’emergenza Covid-19 i rifiuti, soprattutto urbani (sia da differenziata sia da indifferenziata) sono notevolmente diminuiti a causa della contrazione del turismo e della chiusura di molte attività commerciali”.

Costa: “dobbiamo ridurre l’usa e getta e puntare su materiale recuperabile”

Il ministro per l’Ambiente, nel corso dell’audizione ha spiegato che negli impianti di incenerimento per rifiuti sanitari al momento è accertata una capacità inutilizzata di 200 mila tonnellate annue. Il ministro Costa ha anche fatto sapere che alcune aziende italiane nel frattempo hanno messo a punto metodi di sanificazione per l’avvio al riciclio dei dispositivi di protezione individuale.

Secondo le stime del Politecnico di Torino, nel corso della Fase 2 verranno utilizzate mediamente un miliardo di mascherine al mese. Sempre stando alle stesse stime, se si utilizzano anche dispositivi riutilizzabili/lavabili, l’uso di quelle usa e getta si ridurrà di circa un terzo.

Il ministro Sergio Costa ha tracciato una linea da seguire per ridurre l’impatto delle mascherine usa e getta sull’ambiente. “Dobbiamo ridurre l’usa e getta e puntare sul materiale recuperabile secondo i principi dell’economia circolare” ha dichiarato il ministro per l’Ambiente solo un paio di giorni fa, e nell’occasione ha anche annunciato di aver firmato lo statuto del primo consorzio di bioblastiche in Italia.

Si chiama Biorepack, e racchiude 252 aziende e 2.600 addetti, generando un fatturato di 700 milioni di euro circa, e producendo 90 mila tonnellate di bioplastica l’anno.

Il ministro ha anche fatto sapere che verrà aperto un tavolo di dibattito al quale siederanno i rappresentanti del ministero dell’Ambiente, dell’Istituto Superiore di Sanità, dell’Ispra e operatori del settore rifiuti, con lo scopo di monitorare i flussi di rifiuti indifferenziati, da raccolta differenziata e sanitari, per elaborare poi eventuali nuove linee guida.

Ispra rende noti i dati sulla capacità degli impianti

Su IlFattoQuotidiano leggiamo che l’Ispra ha pubblicato le stime sui rifiuti da gestire nei prossimi mesi, secondo le quali da qui a fine dicembre 2020 il “sistema italiano dovrà fare i conti con un quantitativo di rifiuti derivanti dall’uso di mascherine e guanti compreso tra 150 mila e 450 mila tonnellate“.

Lo stesso presidente della Commissione Ecomafie ha espresso una certa preoccupazione per il tema, affermando: “è fondamentale porsi il problema di come fronteggiare la dispersione nell’ambiente di guanti e mascherine, andando a privilegiare sempre quelli lavabili e riutilizzabili”.

La posizione di Vignaroli appare però in lieve contrasto con quella dell’Ispra, che non ritiene che l’uso di mascherine e guanti usa e getta possa portare ad una criticità per il sistema impiantistico italiano “perché è compensata dalla riduzione del 10% dei rifiuti urbani quantificabile in 500 mila tonnellate in meno“.

Queste le parole del direttore generale dell’Ispra, Alessandro Bratti, che conferma che al momento gli impianti italiani sarebbero sufficienti a gestire la quantità di rifiuti indifferenziati prodotta. La capacità complessiva sarebbe, secondo l’Ispra, per il trattamento di circa 340 mila tonnellate di rifiuti sanitari (220 mila tramite incenerimento e 120 mila con sterilizzazione) mentre attualmente vengono trattate solo 145 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati, 96 mila tramite incenerimento e 50 mila con sterilizzazione.

Il no agli inceneritori del Movimento 5 Stelle

Dal Movimento 5 Stelle arriva poi il commento di Ilaria Fontana, vice presidente del gruppo alla Camera e Paola Deiana, capogruppo in commissione Ambiente a Montecitorio, che osservano: “non esiste alcuna emergenza impiantistica di smaltimento legata al Covid-19, anzi è il contrario. Gli impianti di smaltimento italiani non sono mai stati così vuoti con una riduzione dei rifiuti urbani in tutta Italia che va dal -13,6% al -10%, con l’indifferenziata che ha registrato un -25% a Milano, -11,5% a Torino fino ad un -20% a Roma nel mese di aprile e che a maggio è circa -13%”.

Inoltre, grazie allo stop delle industrie imposto con le misure restrittive varate nella fase di lockdown del Paese, si sono drasticamente ridotti i rifiuti speciali. Le due deputate infatti, nel corso di un convegno in streaming su TeleAmbiente, hanno fatto notare che l’Ue chiede di puntare su riduzione, riciclo e recupero di materia.

Nel corso dello stesso convegno è intervenuta la consulente del ministero dell’Ambiente, Rosanna Laraia, la quale ha spiegato che ci sono “200 mila tonnellate in meno di rifiuti sanitari rispetto a quanto preventivato dalle prime stime”.

Il messaggio insomma sarebbe quello di non puntare su inceneritori e discariche, a maggior ragione dal momento che è l’Europa stessa ad escludere questa strada, e al contempo non sarebbe neppure necessario intraprendere una sorta di crociata contro il monouso.

Sul tema però è intervenuta anche la deputata di LeU, Rossella Murioni, ex presidente di Legambiente, che ha chiesto che si contrasti “il rilancio della plastica usa e getta (non solo per i necessari dispositivi di protezione personale) accompagnato da una campagna di promozione in atto, per la quale la plastica sarebbe la via più sicura per far ripartire il Paese” mentre non lo è affatto.

A confermarlo sarebbe anche il National Institutes of Health, mentre Enzo Favoino, della Scuola Agraria del Parco di Monza, e referente europeo per la rete ‘Zero Waste’ ricorda che sulla plastica il virus rimane per 72 ore “contro le 24 ore di carta e metallo”.

Favoino ha quindi ribadito: “non è vero che dal punto di vista igienico-sanitario l’usa e getta sia più sicuro del riutilizzabile” il che sarebbe confermato dalla normativa Ue, e dai programmi “che non verranno fermati” per mettere al bando l’usa e getta della plastica monouso, e non ultimo dal fatto che “da nessuna parte nelle linee guida europee viene inserito l’incenerimento come soluzione” conclude il professore.

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