Il documento pubblicato sul sito web dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radio protezione, contiene tutte le informazioni che riguardano i volumi, le masse, lo stato fisico, l’attività specifica, il contenuto di radioattività e le condizioni di stoccaggio dei rifiuti, inclusi il combustibile esaurito e le sorgenti dismesse.

L’inventario nazionale dei rifiuti radioattivi rappresenta inoltre un importante strumento a supporto delle attività istruttorie e di vigilanza. Grazie a questo documento infatti l’ISIN, cui la legge assegna oggi il compito di “predisporre una proposta di misure compensative destinate alle comunità locali dei siti che ospitano installazioni correlate al ciclo del combustibile nucleare” come riportato dal sito di teleambiente, può di fatto espletare le sue funzioni.

Buona parte dei rifiuti derivanti dall’attività delle quattro centrali nucleari italiane ormai dismesse comunque non si trova più in Italia. Tutto quel materiale ritenuto ad alta attività, pari al 99% del totale di quello prodotto dalle suddette centrali è stato inviato in Francia e in Gran Bretagna, dove attualmente si trova per il riprocessamento.

La maggior parte dei rifiuti radioattivi che si trovano in Italia sono ad attività molto bassa, si tratta in questo caso di 13.320,28 metri cubi, oppure a bassa attività (12.810,57 metri cubi) o ancora a media attività (3.118,76 metri cubi).

Una sezione dell’inventario dei rifiuti radioattivi pubblicato sul sito web dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare è dedicata ai rifiuti che derivano da attività di bonifica e successivamente stoccati in depositi locali. Questi rifiuti derivano non dall’attività di centrali nucelari, ma da eventi accidentali che si sono verificati nell’ambito della produzione industriale.

Lo stesso rapporto ci mostra un elenco aggiornato grazie al contributo dell’SNPA (Sistema Nazionale Protezione Ambientale) e la collaborazione delle prefetture interessate, con l’indicazione relativa alla tipologia di rifiuto prodotto, all’isotopo rilevato, nonché la stima dell’attività, della massa e del volume.

La maggior parte dei rifiuti radioattivi prodotti nel corso del 2018 sono derivanti da attività di bonifica come quelle che hanno interessato la Centrale del Garigliano e l’Impianto Itrec, oppure da attività di smantellamento, come quelle che hanno riguardato gli Impianti Plutonio e Eurex, il CCR Ispra, e la stessa Centrale del Garigliano.

In questi casi si è provveduto ad eseguire anche delle operazioni di trattamento di rifiuti già esistenti attraverso il processo di supercompattazione che porta ad una riduzione dei volumi.

In Italia, stando a quanto emerso dal rapporto pubblicato sul sito dell’Ispettorato Nazionale per la sicurezza nucleare, sono aumentati anche se in maniera contenuta, i rifiuti radioattivi nelle seguenti regioni:

  • Piemonte: dai 5101 metri cubi del 2017 si è passati ai 5506 metri cubi del 2018
  • Lombardia: dai 5875 metri cubi del 2017 si è passati ai 6060 metri cubi del 2018
  • Lazio: dai 9241 metri cubi del 2017 si è passati ai 9311 metri cubi del 2018
  • Campania: dai 2913 metri cubi del 2017 si è passati ai 2965 metri cubi del 2018
  • Basilicata: dai 3150 metri cubi del 2017 si è passati ai 3215 metri cubi del 2018

Al contempo si sono ridotti i rifiuti stoccati in Emilia Romagna, dove si passa dai 3211 metri cubi del 2017 a 3000 metri cubi e in Puglia, dove da 1007 metri cubi si è scesi a 849. Per quel che riguarda l’Emilia Romagna la riduzione è dovuta all’invio per il loro trattamento dalla Centrale di Caorso in Slovacchia. Per la Puglia invece la riduzione è derivata dalle attività di bonifica del deposito dell’ex CEMERAD.

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