Dovrebbero subire una forte accelerazione le installazioni eoliche e fotovoltaiche nei prossimi anni, crescendo ad un ritmo pari a circa cinque volte quello attuale, con l’obiettivo di coprire nel più breve tempo possibile il 30% dei consumi energetici del Paese.
Si punta a lasciarsi il carbone alle spalle, ricorrendo, specie in questa fase di transizione iniziale, al gas naturale, che risulta comunque molto meno inquinante rispetto alle altre fonti fossili, seppur chiaramente non sia a impatto zero.
Il Pniec del primo governo Conte
Entro il 2030, seguendo le tappe previste dal Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima), si dovrebbe raggiungere una riduzione delle emissioni del 33% rispetto al 2005. Il Pniec è stato definito dal primo Governo guidato da Giuseppe Conte, e deve essere adottato entro la fine dell’anno, dopo aver ottenuto il via libera da Bruxelles.
Sul Pniec sono stati espressi pareri discordanti. Secondo alcuni quello messo a punto dal primo Governo Conte potrebbe risultare un piano ambizioso, ma per altri non sarebbe in grado di spingere il Paese in quella accelerazione verso le fonti rinnovabili di cui c’è bisogno.
Sulla questione si sono espressi davanti alla commissione Attività produttive della Camera dei deputati, i vari portatori di interessi in questo campo. I parlamentari della commissione sono stati messi davanti a pareri talvolta discordanti tra loro.
Italia Solare: “obiettivi non credibili”
Italia Solare, l’associazione che unisce le varie realtà che operano nel fotovoltaico, non condivide appieno il modo in cui si è deciso di puntare sul gas naturale, essendo comunque una fonte fossile, sebbene meno inquinante del petrolio, e in quanto tale responsabile dell’emissione di gas che alimentano il riscaldamento globale.
Sempre da Italia Solare sono giunte altre critiche. “Obiettivi non credibili” fanno notare dall’associazione “in assenza di snellimenti della burocrazia, per quanto riguarda le nuove installazioni di impianti per ricavare energia dal sole”.
Diversa la posizione di Confindustria, che vede nel gas naturale l’opzione da favorire per la delicata fase di transizione energetica, ma senza dimenticare l’importanza della diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Nomisma Energia ha invece fanno notare che senza incentivi e senza prezzi garantiti sarà impossibile raggiungere i target di crescita prefissati per eolico e fotovoltaico.
Entro il 2030 le Fer dovranno produrre il 30% dell’energia
Tra gli obiettivi fissati nel Piano nazionale integrato dal ministero dello Sviluppo, il raggiungimento del 30% del totale dei consumi energetici in fonti di energia rinnovabili (Fer) entro il 2030. Occorre in quest’ottica un incremento di 11,2 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep).
Anche eolico e fotovoltaico dovrebbero subire una forte accelerazione, con un installato medio annuo dal 2019 al 2030 che dovrebbe raggiungere i 3.200 megawatt nell’eolico e i 3.800 megawatt nel fotovoltaico. Per avere una misura dell’obiettivo si tenga conto che negli ultimi anni l’installato medio è stato di circa 700 MW. Nel 2030 le Fer dovrebbo arrivare a rappresentare il 55,4% della generazione di energia elettrica mentre oggi sono al 34%.
Produrre di più non sarà sufficiente. L’Italia infatti a partire dal prossimo anno dovrà iniziare anche a consumare di meno. L’Ue chiede di puntare sull’efficienza energetica riducendo entro il 2030 il fabbisogno di energia primaria del 32,5%. Stando alle previsioni inserite nel Pniec, l’Italia dovrebbe riuscire a ridurre il fabbisogno, entro il 2030, del 43%.
Prima di poter mettere da parte i prodotti petroliferi però occorrerà ancora tempo. Dovranno essere adeguate in senso green le infrastrutture attualmente esistenti, tra cui anche le raffinerie, e le fonti di approvvigionamento verranno diversificate in ottica di sicurezza, con il ricorso al gas naturale e al gas naturale liquefatto (GNL).
L’alternativa del gas naturale
L’alternativa rappresentata dal gas naturale è indubbiamente la più valida dal momento che si tratta del combustibile fossile più pulito. Stando ai dati pubblicati da Snam, la combustione del gas naturale infatti produce circa il 25-30% in meno di Co2 rispetto a quella prodotta, a parità di energia utilizzata, dai prodotti petroliferi, e il 40-50% in meno di quella prodotta dal carbone.
Dalla combustione del gas naturale abbiamo l’emissione nell’ambiente di altri agenti inquinanti, come il monossido di carbonio, ozono e ossidi di azoto, e in quantità decisamente più basse abbiamo particolato, ossidi di zolfo e benzene.
Ora come ora però del gas la nostra economia non può certamente fare a meno. Lo conferma Confindustria in audizione alla Camera “è opportuno che venga delineata una strategia per accrescere la competitività del gas naturale, quale risorsa energetica a basso impatto ambientale e di fondamentale rilevanza per alimentare i processi produttivi industriali”.
“Riteniamo che nella fase di transizione verso una economia low carbon sia fondamentale declinare le opportunità insite in tutte le fonti energetiche, compresi gli idrocarburi” spiegano ancora da Confindustria, e sottolineano poi che “nella logica di trasformare l’Italia in un hub del gas si ritiene opportuno da un lato completare l’integrazione dei mercati, superando le congestioni esistenti, dall’altro ampliare le rotte e le fonti di approvvigionamento, valutando ad esempio le potenzialità insite nelle scoperte dei grandi giacimenti nel Mediterraneo“.
Stando alle elaborazioni di Unione petrolifera su dati Snam e Mise, le importazioni di gas naturale in Italia raggiungono nel 2018 i 67,8 miliardi di metri cubi, con una porzione di GNL pari al 13% del totale.
Confindustria si dichiara favorevole al progetto di perseguire con decisione lo sviluppo delle rinnovabili, una strada che deve essere percorsa necessariamente se si vuole accelerare il processo di decarbonizzazione. Al tempo stesso però sottolinea che la crescita delle rinnovabili “non può essere slegata dalla crescita industriale”.
Italia Solare però assume una posizione diversa, e sostiene che il passaggio dalle fonti fossili pesanti come il carbone e il petrolio alle energie rinnovabili deve essere diretto. Il parere dell’associazione risulta quindi contrario allo step intermedio nel quale si prevede di fare maggiore affidamento sul gas naturale.
Per Italia Solare quindi il passaggio dalle fonti fossili alle rinnovabili deve essere diretto “con il gas come fonte sicuramente necessaria ma che non deve essere posta al centro della politica energetica, come invece è stato ed è ancora, a cominciare proprio dal Pniec“.
L’associazione ha anche fatto notare l’aumento in Italia delle emissioni di CO2, con una previsione per il 2019 di un aumento dello 0,8% nonostante la crescita economica sia sostanzialmente ferma. Altro segnale che Italia Solare ritiene non incoraggiante, quello che riguarda la potenza media annuale aggiuntiva del fotovoltaico, che è stata dal 2014 al 2018 di 384 Megawatt picco/anno.
Il dato assume maggiore significato se rapportato a quello di altri Paesi d’Europa, come la Germania dove risultano essere stati installati 2,9 Gigawatt picco, l’Olanda, con 1,5 GWp e la Francia con 873 MWp.
In definitiva, secondo Italia Solare nel Pniec si punta troppo sul gas naturale mentre, concludono dall’associazione “riscontriamo una totale assenza di riferimenti su come snellire gli iter autorizzativi e riteniamo totalmente insufficiente la trattazione delle comunità energetiche. Non è condivisibile/credibile la rampa di crescita del fotovoltaico, 1GW/anno fino al 2025 e poi balzo a quasi 5GW/anno fino al 2030“.
Ma il Pniec non convince del tutto nemmeno Confindustria, che in merito agli obiettivi da centrare entro il 2030 obietta che “sembrano correlati da analisi costi-benefici troppo sintetiche le quali non consentono di valutare compitamente né la praticabilità sul piano tecnologico-programmatico né i relativi effetti di impatto economico sociale sulla competitività industriale”.
L’Italia riduce le emissioni di gas inquinanti ma non cresce
Ce la stiamo cavando bene con la riduzione delle emissioni di gas inquinanti, infatti dal 2005 al 2017 l’Italia ha raggiunto una riduzione del 20% delle emissioni di CO2 derivanti dai settori che non fanno parte del sistema emission trading system (Ets), superando i target previsti dall’Ue.
Un risultato che farebbe onore al Paese se dipendesse dall’implementazione del sistema delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, fattori che invece hanno inciso solo secondariamente. La riduzione delle emissioni inquinanti in Italia invece, secondo Nomisma, è dipesa soprattutto dal crollo dei consumi determinato dal calo del Pil e alla deindustrializzazione.
Il Pniec prevede una ulteriore riduzione delle emissioni, con l’obiettivo di raggiungere il 33% entro il 2030. Un target che l’Italia potrebbe effettivamente centrare, ma al contempo è richiesta una crescita del Pil superiore all’1,2% annuo, e qui le cose si fanno più complicate.
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