Quando parliamo di riscaldamento globale e di cambiamenti climatici, spesso pensiamo ai danni all’ambiente, alle conseguenze più o meno dirette sulla qualità della vita sul Pianeta, ma di solito non consideriamo l’aspetto meramente economico, da valutare in termini di danni causati in special modo da eventi climatici estremi, alle basi del sistema finanziario.
I cambiamenti cliamtici sono realmente in grado di minare la stabilità del sistema finanziario su scala globale, a cominciare dai danni alle infrastrutture causati da eventi estremi come alluvioni, frane, smottamenti, danni causati dal vento, ma contribuisce pesantemente anche il calo della produttività delle imprese, tutti fattori che potrebbero determinare un incremento dei fallimenti delle banche.
Si stima che le conseguenze dei cambiamenti climatici come quelle appena citate porteranno ad un’impennata dei fallimenti delle banche che potrebbe attestarsi tra un +26% e un +248%. Un dato allarmante che deve poi necessariamente essere accostato alla spesa che i governi dovrebbero sostenere per salvare le banche insolventi, che si aggirerebbe mediamente intorno al 5-15% del Pil all’anno.
Tutto ciò potrebbe portare il debito pubblico ad aumentare fino a raddoppiare entro il 2100. Questo almeno è quanto sarebbe emerso da uno studio pubblicato su Nature Climate Change da quattro ricercatori italiani che lavorano presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, il Politecnico di Milano, l’Università Bocconi e l’Rff-Cmcc European Institute on Economics and the Environment (Eiee).
Uno dei ricercatori, Francesco Lamperti impegnato presso la Scuola Superiore Sant’Anna, ha spiegato che: “l’idea alla base della nostra ricerca era cercare di capire quanto gli impatti dei cambiamenti climatici influenzino il settore bancario”. Massimo Tavoni, direttore di Eiee nonché docente presso il Politecnico di Milano ha aggiunto che “il risultato principale è che il cambiamento climatico avrà un impatto sostanziale sul mondo della finanza“.
“Dai nostri risultati appare chiaro che mentre la probabilità di sopravvivenza delle imprese si riduce di circa tre volte, il rischio di fallimento delle banche arriva a raddoppiare” ha spiegato ancora Tavoni “questo a sua volta implica dei costi ulteriori per la finanza pubblica, dove ci aspettiamo un aumento del 5-15% di Pil che deve essere speso ogni anno per ripianare le perdite delle banche e assicurare il loro salvataggio”.
Valentina Bosetti, Eiee e Università Bocconi di Milano, ha sottolineato che “il 20% della riduzione della crescita non sarà attribuibile agli impatti diretti dei cambiamenti climatici, ma al canale finanziario”, riferendosi ad alcuni specifici effetti sul sistema bancario ad oggi mai prodotti prima.
Una volta tracciati i vari aspetti della problematica, lo studio prospetta alcune misure correttive potenzialmente valide. Ne parla Andrea Roventini della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, il quale spiega che “in presenza di impatti da cambiamento climatico il regolamentatore finanziario può richiedere alle banche di fissare un limite ai prestiti erogati dalle imprese che tenga conto anche dell’andamento del clima, così da minimizzare i rischi a cui il sistema finanziario si espone”.
In questo quadro quindi risulterebbe un errore escludere il sistema finanziario dalla valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici, errore che produrrebbe una pesante sottostima dei suoi effetti, mentre invece procedere attraverso una regolamentazione finanziaria potrebbe risultare una delle migliori strategie di mitigazione e adattamento.
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