E’ stata raggiunta in questi giorni l’intesa su una norma volta a regolare il cosiddetto ‘end of waste’ che stabilisce in che modo i rifiuti possono essere riciclati. Così è stato superato l’effetto del decreto Sblocca cantieri e le Regioni, seguendo criteri ben precisi, potranno rilasciare nuove autorizzazione o rinnovare quelle vecchie alla “cessazione della qualifica di rifiuto”.
Questo è un passaggio fondamentale se si vuole che il rifiuto torni ad essere un prodotto o un materiale da rimettere in commercio. Quanto all’accordo raggiunto dalla maggioranza, è stato tradotto in un emendamento che è già stato firmato dalla presidente della Commissione ambiente del Senato, Vilma Moronese del M5S, e inserito nel decreto sulle crisi aziendali.
Nel comma 2 dell’articolo 13 bis si legge in merito alle autorizzazioni per lo svolgimento di operazioni di recupero che “in mancanza di criteri specifici sono rilasciate o rinnovate” nel rispetto della Direttiva Quadro rifiuti e di altri criteri che vengono dettagliati nell’ambito degli stessi procedimenti autorizzativi.
Sergio Costa: “finalmente abbiamo trovato l’accordo che sblocca l’end of waste”
Positivo il commento del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa. “Dopo averci provato molte volte, finalmente abbiamo trovato l’accordo che sblocca l’end of waste, cioè il riciclo dei rifiuti differenziati” ha affermato il ministro, spiegando che attraverso questo emendamento si “darà finalmente impulso all’economia circolare in Italia”.
Non poteva che essere soddisfatta del risultato la firmataria del testo Vilma Moronese che ha dichiarato: “grazie al grande lavoro dei gruppi di maggioranza di Camera e Senato, dei legislativi e del ministero dell’Ambiente, abbiamo predisposto una norma equilibrata”. Ha poi spiegato che la decisione di inserire la modifica, invece che nel dl clima nel decreto sulle crisi, è stata presa per risparmiare tempo, visto che quest’ultimo è “già in discussione in Commissione e già in calendario per la prossima settimana”.
Superato il decreto Sblocca Cantieri
Attraverso l’approvazione dell’emendamento è stata quindi superata la misura contenuta nella legge 55 del 14 maggio 2019 detta Sblocca Cantieri, che si rifaceva al vecchio decreto ministeriale del 5 febbraio 1998, al quale si faceva riferimento per definire “tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività”.
Solo che quel testo non era mai stato aggiornato, non venivano inseriti nuovi rifiuti, e non venivano menzionate alcune tecniche all’avanguardia di cui invece l’Italia può oggi contare, con il risultato che finivano per essere penalizzati proprio gli impianti più moderni ed efficaci.
Quella contenuta nello sblocca cantieri fu una misura molto criticata dalle imprese del settore, così come fu criticata la sentenza che fu emessa diversi mesi prima dal Consiglio di Stato. Data la pressoché totale assenza di criteri, eccezione fatta per quelli contenuti nei decreti per il conglomerato bituminoso e per i pannolini, alle Regioni non restava che decidere di volta in volta caso per caso.
Alla fine il Consiglio di Stato, avendo maturato l’opinione che non fosse competenza delle Regioni stabilire in autonomia la cessazione della qualifica di rifiuto, ha deciso di bloccare i rinnovi e le nuove autorizzazioni per il riciclo dei rifiuti che non era normato da regolamenti europei o da decreti nazionali. Situazione poi ulteriormente complicata dal decreto Sblocca Cantieri.
Come verranno gestite le autorizzazioni già rilasciate?
Per quel che riguarda le autorizzazioni già in essere, al fine di evitare che gli impianti End of Waste finiscano per essere bloccati, e per evitare il rallentamento nella gestione di situazioni critiche nel ciclo di gestione rifiuti, laddove risultino mancare criteri specifici adottati ai sensi del Testo unico ambientale, tutte le autorizzazioni già ottenute alla data di entrata in vigore del dl SalvaImprese, sono fatte salve oppure rinnovate nel rispetto delle disposizioni del Testo Unico.
Sono gestite allo stesso modo anche le autorizzazioni per le quali è in corso un procedimento di rinnovo o che risultano scadute, purché con istanza di rinnovo presentata entro 120 giorni dall’entrata in vigore della disposizione.
Il testo della nuova normativa
Nel testo dell’emendamento, per quel che riguarda le nuove istanze, si specifica che nell’ambito delle autorizzazioni, alcuni dei criteri definiti sono quelli relativi ai “materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero, processi e tecniche di trattamento consentiti, criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario, requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualità di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento se del caso e un requisito relativo alla dichiarazione di conformità”.
Laddove si rilevi l’assenza di criteri specifici si farà riferimento alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti. Vilma Moronese del M5S ha spiegato a ilfattoquotidiano: “abbiamo cercato di arrivare a un testo quanto più agevole possibile, inserendo criteri specifici a quelli già indicati nella direttiva quadro. L’obiettivo è stato quello di andare incontro alle aziende che operano nel settore dell’economica circolare ma, allo stesso tempo, di tutelare l’ambiente e la salute delle persone”.
“Tant’è vero che ampio spazio si dà alle procedure di verifica che riguardano le autorizzazioni” ha detto la Moronese, che poi ha spiegato che il compito di rilasciare le autorizzazioni torna alle Regioni “ma con criteri che siano uguali da Nord a Sud, in modo che non ci siano differenze di trattamento per le imprese a seconda della regione”.
Le nuove verifiche previste
Per il rilascio delle autorizzazioni, dall’entrata in vigore della nuova normativa, sarà necessario che le autorità competenti comunichino al’Ispra i nuovi provvedimenti adottati, riesaminati oppure rinnovati entro dieci giorni dalla notifica al soggetto che ha presentato l’istanza.
Poi sarà compito dell’Ispra, o dell’Arpa su eventuale delega, verificare con modalità a campione dopo aver ricevuto la comunicazione, e in ogni caso in contraddittorio con l’interessato, che ci sia conformità tra le modalità operative e gestionali degli impianti, inclusi i rifiuti in ingrasso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita, e gli atti autorizzatori rilasciati. In caso di mancata conformità sarà fatto obbligo di redigere apposita relazione.
L’intero procedimento dovrebbe richiedere fino a un massimo di centoventi giorni. Entro 60 giorni da suo inizio si concluderà il procedimento di controllo, dopodiché uviene fatta comunicazione al Ministero dell’Ambiente, che avrà 60 giorni di tempo per adottare proprie conclusioni. In caso di mancato recepimento degli esiti dell’istruttoria contenuti nella relazione dovrà fornire le opportune motivazioni.
Le conclusioni dovranno poi essere trasmesse all’Autorità competente al fine di avviare un procedimento volto a perseguire l’adeguamento del soggetto interessato alle conclusioni del Ministero. In caso di mancato adeguamento l’autorizzazione verrà negata.
Decorsi 180 giorni dalla comunicazione all’Autorità competente, il ministro dell’Ambiente può decidere, in caso di mancata attivazione o completamento del procedimento previsto, in via sostitutiva e previa diffida anche tramite Commissario ad acta, all’adozione dei provvedimenti.
Ogni anno sarà compito dell’Ispra redigere una relazione in merito a verifiche e controlli effettuati nell’anno in corso, e di farne comunicazione al ministero dell’Ambiente entro e non oltre il 31 dicembre. Presso il ministero verrà altresì istituito il registro nazionale deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciata e delle procedure semplificate concluse.
Non solo, un gruppo di lavoro composto da cinque unità si assicurerà del corretto svolgimento delle attività istruttorie. Due dei componenti dovranno avere competenze giuridiche mentre le competenze degli altri componenti saranno di natura tecnico-schientifica e saranno collocati presso l’Ufficio legislativo.
Dalla relazione tecnica si evince che “dalla proposta normativa non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. E’ infatti previsto che gli oneri per il gruppo di lavoro presso il ministero, stimati in 200mila euro l’anno dal 2020 al 2024, saranno interamente coperti dalla “riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fonto speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del programma ‘fondi di riserva e speciali’ della missione ‘fondi ra ripartire’ dello stato di previsione del ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno 2019” utilizzando seppur parzialmente, l’accantonamento relativo al ministero dell’Ambiente.
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