Il disastroso incendio che ha devastato la foresta siberiana è stato ormai debellato nonostante le difficoltà dovute soprattutto alla svantaggiosa posizione geografica delle aree interessate. Le foreste della Siberia colpite dal rogo si trovano infatti nelle cosiddette zone di controllo, ossia quelle aree per le quali si ritiene che spegnere l’incendio abbia un costo più elevato che lasciare che abbia il suo naturale corso.

Successivamente i media di tutto il mondo hanno riportato la notizia degli incendi riguardanti la foresta amazzonica, notevolmente aumentati rispetto al passato più recente. Ma sebbene la situazione in Brasile sia indubbiamente la più grave, esiste una regione del mondo in cui si stanno sviluppando incendi che interessano una superficie ancora più estesa: l’Africa sub-sahariana.

Secondo l’Indipendent, che cita come fonte la Nasa, al momento ci sono quasi 7mila focolai attivi in Angola e circa 3.400 nella Repubblica democratica del Congo. In Brasile invece sarebbero poco più di 2.100. Non si tratta naturalmente di una gara, ma per avere un’idea completa del quadro generale, è bene rendersi conto che numerosi incendi stanno interessando anche altre regioni del mondo tra cui appunto l’Africa.

La mappa che vedete qui sotto indica gli incendi attivi nell’ultima settimana di agosto ed è stata realizzata da Wired usando i dati del Firms (Fire Information for Resource Management System) dell’agenzia spaziale americana.

Ognuno dei puntini rossi rappresenta un incendio in corso. E’ facile notare prima di tutto come gli incendi che avevano interessato la Siberia siano stati sedati quasi completamente, ed in secondo luogo è sicuramente altrettanto facile notare quanto sia grave la situazione nell’Africa subsahariana, oltre che naturalmente quella dell’Amazzonia.

Grave anche la situazione in Indonesia, dove i pompieri sono all’opera per estinguere numerosi incendi. Svariati focolai sono presenti anche nella Cina orientale, in Ucraina e nell’Italia meridionale.

La questione del riscaldamento globale

L’importanza delle foreste è fondamentale per la produzione di ossigeno e contrasta, come è noto, il fenomeno del mutamento climatico. La deforestazione dell’Amazzonia sta rapidamente raggiungendo un punto di non ritorno, e quando ciò avverrà si trasformerà irreversibilmente in Savana, con tutto ciò che ne consegue.

La foresta dell’Amazzonia, polmone verde del pianeta, presenta infatti delle caratteristiche ben diverse dalle aree verdi che bruciano in queste ore in Africa, ed è per questo che, sebbene la superficie interessata dalle fiamme sia inferiore, il danno per l’ambiente è indubbiamente molto più elevato.

Gli incendi africani risultano interessare soprattutto la Savana, che è un bioma prevalentemente erboso, e i campi coltivati dai piccoli agricoltori. Così come avviene in altre aree del mondo, anche in Africa succede che siano gli stessi agricoltori ad appiccare gli incendi prima della stagione delle piogge. Lo scopo però non è la deforestazione, ma quello di rinnovare la vegetazione.

Secondo un articolo pubblicato sull’International Journal of Wildland Fires, gli incendi periodici possono avere degli effetti positivi proprio perché la cenere depositata fornisce uno strato ricco di nutrienti per le coltivazioni successive e per il pascolo degli animali.

Gli incendi che interessano invece una foresta tropicale come quella amazzonica sono solo il frutto della deforestazione, e rappresentano un grave danno non solo per gli ecosistemi che vengono distrutti, ma anche per le quantità di CO2 liberate nell’aria.

Il Wwf ha raccolto la testimonianza di Jordi Surkin, direttore dell’Unità di Coordinamento Amazzonica del Wwf Latino America. “Gli incendi stanno colpendo tre ecoregioni tra le più importanti del Pianeta, in un’area compresa tra Bolivia, Brasile e Paraguay” spiega Surkin “la prima è l’Amazzonia, la foresta tropicale più estesa del Pianeta, bacino idrico fondamentale che conserva il 20% dell’acqua globale e che riesce a stoccare il 25% del carbonio presente sulla Terra. Questi incendi stanno liberando il carbonio nell’atmosfera aumentando così i danni dei cambiamenti climatici globali. L’Amazzonia custodisce il 10% delle specie globali con animali simbolo come il giaguaro”.

“La seconda area è il Pantanal, la zona umida più vasta del Pianeta” continua Surkin “incastonata tra Brasile, Bolivia e Paraguay. La terza area è la Chikitana Forest” che è dove il direttore stesso vive e lavora “tra Bolivia ed El Chaco. Il fuoco quindi sta minacciando aree di enorme importanza per la biodiversità del Pianeta, per la regolazione del clima”.

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